sabato 8 dicembre 2018

Un racconto per Natale

LUIGINO E L’ABETE


l’aria quella mattina era più fredda del solito. Il Natale non era lontano, e i bambini che stavano per accingersi ad andare a scuola guardavano il cielo cinereo, come per scorgere se qualche fiocco di neve se ne staccasse e venisse giù.

Luigino era un bambino, forse il solo, a non volere la neve, e lasciando indietro i suoi compagni di scuola, sì incamminò per la scorciatoia che tagliava per il bosco per giungere a scuola in tempo, prima che la neve iniziasse a cadere. Gli alberi del bosco sembravano incantati da chissà quale sortilegio; quelli con i rami spogli, apparivano ancora più scheletrici e il gelo li rivestiva di un leggero strato di ghiaccio. Guardavano Luigino dall'alto, come se volessero chiedergli aiuto per farsi liberare da quei cristalli bianchi che irrigidivano i loro rami. Luigino si fermò un attimo a guardarli, sentiva quel richiamo e li capiva anche, poi si guardò le scarpe rattoppate male, avevano trasformato i sui piedi, un po’come i rami gelati di quegli alberi. Avrebbe voluto fare qualcosa per loro, ma non sapendo cosa, passò vicino i tronchi e li accarezzò, come per consolarli. Continuando il suo cammino, con i piedi intirizziti dal freddo, guardò un abete che alto si teneva sul lato destro del sentiero, i rami erano forniti di foglie verdi che lo riparavano meglio dalle intemperie, e il suo scheletro non gli sembrava tanto che patisse il freddo.
Egli si soffermò a guardarlo. Ebbe un’impressione differente dalla prima. L’abete, sembrava che fosse tutto contento di avere sui suoi rami il gelo. Erano rivestiti di tantissime foglioline aghiformi. Agli occhi di Luigino, appariva come un signore che vestiva un cappotto di pelliccia, un po’come i suoi compagni di scuola, loro, avevano le scarpe imbottite di pelliccia, i cappotti o i piumini che li coprivano e poteva anche cadere la neve, si sarebbero rotolati dentro e giocato senza soffrire il freddo.
Mentre Luigino pensava a tutto ciò, sentì sul suo capo una goccia d’acqua gelida penetrare tra i suoi riccioli scuri, fino a giungere sul cuoio capelluto facendolo rabbrividire. Passò la mano sul capo per stemperare la goccia d’acqua, quando la ritirò, si accorse che nel palmo aveva una moneta d’oro. Luigino non credeva ai suoi occhi, non aveva mai visto tanto splendore.
Si domandò da dove fosse caduta, ebbe quasi paura, si guardò intorno cercando di trovare una risposta, ma non c’era nessuno a parte l’abete che lo guardava dall'alto del suo tronco. 
Alzò il capo e stava per abbassare gli occhi, quando scorse fra i rami un folletto, che teneva in mano una pentola con l’ansa tutta in oro. 
Luigino lo guardò strofinandosi gli occhi, non poteva essere vero, non credeva ai folletti, ma vederne uno che lo fissava con un grande sorriso stampato sul viso, lo convinse, non senza reticenza. 
Dovette sforzarsi per far uscire un suono dalla sua bocca, un suono di stupore che a malapena  riuscì ad articolare. 
Il folletto scese qualche ramo più giù e fissandolo domandò lui se fosse contento della moneta d’oro, Luigino rispose in modo affermativo oscillando il capo avanti e indietro, perché non riusciva ancora a parlare. Il folletto, allora facendo una smorfia disse di volere udire la sua voce. Il poverino, si sforzò talmente, che riuscì appena ad articolare un sì, tanto silenzioso che la cosa fece stizzire il folletto, diventò tutto rosso e gridò con una voce smisurata in rapporto alla sua statura, che voleva sentire la sua voce. Luigino un po’ per la paura un po’ per non contrariarlo, prese tutte le sue forze e rispose con un grido pronunciando un si, prolungato. Il folletto contento gli lanciò una seconda moneta che arrivò dritta nella tasca della sua misera giacca, ma essendo bucata la moneta scivolò a terra ruzzolando, emettendo un suono tintinnante.
Luigino corse dietro la moneta per raccattarla, ma la moneta s’infilò in una fessura delle radici del grande abete che poco prima sovrastava Luigino. Le sue dita gelate s’infilarono nella fessura dell’abete, il folletto ridacchiava su uno dei rami, quando, una voce cavernosa fece sussultare Luigino:
         - Chi osa svegliare il mio riposo! Luigino alzando gli occhi vide l’abete che aveva una bocca, si strofinò gli occhi pensando di sognare. Non aveva mai visto parlare un albero. Impaurito, fece uscire dalla sua bocca un debole: 
         - Mi scuso signore abete, ma lei imprigiona tra le sue radici una moneta che è mia.
         -  Tua? Ma se tu non possiedi nulla come vuoi possedere una moneta d’oro?
-          Sì, lo so signore abete, io sono povero, ma la moneta mi è caduta dalla tasca è il signor folletto che sta su i suoi rami che me l’ha regalata, soltanto, la mia tasca è bucata ed è scivolata via.
-          Il folletto è un mio inquilino, abita da anni nel mio tronco e non mi ha mai pagato l’affitto, e questa moneta d’oro sarà un piccolo anticipo al suo debito.
-          Ma signor abete lei non ne ha bisogno, lei è un albero bello forte, sopporta il freddo e non ha bisogno certo di scarpe e né di mangiare; a casa ho sette fratelli e sorelle e questa moneta farebbe comodo ai miei genitori che non sanno come sfamarci.
-          Non piagnucolare, piccolo insolente straccione, come osi dire quel che io devo fare, io sono un abete, ma ogni tanto anche io ho bisogno di qualche moneta d’oro.
-          Ma per farci cosa?
-          Questo non ti riguarda, bamboccio!
-          Ma un albero non ha bisogno di monete d’oro.
-          Eppure ti ripeto che sì, non aggiungo altro ora puoi anche andare, la moneta resta mia e la terrò stretta fra le mie radici, guai a chi si azzarda a volermela sottrarre, avrà le dita della mano stroncate dalle mie radici, se solo oserà provarci.
Luigino intimorito dall'abete indietreggiò e dispiaciuto, lanciò un lieve saluto, accompagnato da un sorriso appena percettibile, rivolto al folletto che stava sul ramo divertito per l’accaduto. 
Egli sobbalzò giù dal ramo, con la sua pentola scintillante e piena di monete davanti ai piedi di Luigino, il quale stava incamminandosi sul sentiero per raggiungere la scuola. Il folletto sghignazzando lanciò un alt al ragazzo che subito si bloccò. Guardò negli occhi il piccolo omino che gli sbarrava la strada e si domandò cosa volesse ancora da lui… il folletto saltò sulla pentola raccolse ancora una moneta alzò la mano che la serrava e disse a Luigino:
-          Se tu sarai capace di prenderla al volo, questa moneta sarà tua.
Così dicendo la lanciò in alto, ma la moneta fu afferrata da uno dei rami dell’abete, prima ancora che cadesse a terra, così, Luigino si vide sottrarre dall'albero, la seconda moneta che gli era destinata. 
Le sue proteste furono vane, l’abete non volle ridargli la moneta e se la tenne per sé. Sconsolato il povero ragazzo riprese il suo cammino, ma il folletto lo seguiva saltando da un punto all'altro del sentiero, fin quando, saltando cadde e con lui la pentola piena di monete, che si dispersero lungo la strada, ruzzolarono tutte verso l’abete che scrollò le sue radici per imprigionarle tutte. 
Luigino e il folletto corsero lungo il sentiero per tentare di raccattarne qualcuna, ma fu inutile, l’ingordo abete aveva imprigionato tutte le monete con le sue radici. 
Nel vedere i due ai suoi piedi che, inginocchiati, cercavano le monete, lo fece ridere, i suoi rami furono scossi dalla sua risata portentosa e alcuni ghiaccioli si staccarono e uno inchiodò il piccolo folletto a terra trapassando la coda della sua bella livrea rossa impedendogli di muoversi. Luigino vide il piccolo folletto in difficoltà si precipitò per liberarlo, estrasse dalla terra il pugnale di ghiaccio e lo gettò lontano, poi aiutò il folletto a rimettersi in piedi, il quale lo ringraziò e saltò sull'albero dicendo all'abete che le monete erano le sue, ma l’albero grondò dicendo che anche il tronco era suo e che lui ci abitava con tutta la sua famiglia e non gli aveva mai fatto dono di nulla. 
Luigino ascoltava il battibecco fra i due e si ricordò che doveva andare a scuola, la neve iniziava a cadere ed il freddo gli bloccava i movimenti dei piedi. Così, salutò il piccolo folletto che ringraziò per la moneta che gli aveva regalato, il folletto gli sorrise e disse che se l’era meritata. L’abete ascoltò la conversazione e per dispetto, quando Luigino passò su una delle sue radici, gli fece lo sgambetto facendolo cadere, e nel mentre,  aprì la mano che serrava la moneta d’oro e questa rotolò anch'essa fra le radici avide dell’albero. 
Luigino cercò di riprendersela mentre il folletto con tutta la sua rabbia pestò il ramo su cui poggiava i suoi piccoli piedi, in segno di ribellione per la cattiveria dell’albero, ma l’abete  non fece altro che ridere della loro sventura. Luigino si rialzò e si allontanò di corsa…
Giunto davanti alla scuola col fiatone, entrò svelto in classe; la campanella era già suonata e quando prese posto nel suo banco, la maestra gli domandò la ragione del suo ritardo. Il povero Luigino non potendo raccontare quel che gli era accaduto, disse che si era smarrito nel bosco. La cosa fece ridere i suoi compagni e fu spunto di un’ennesima derisione. Finita la lezione, Luigino riprese la strada per andare a casa e pensò di passare ancora per il bosco, se non altro, per vedere se le monete d’oro erano ancora ai piedi dell’albero e anche per rendersi conto se tutto non fosse stato solo frutto della sua immaginazione . 
Camminava Luigino fin quando non giunse al bosco, dove si addentrò con cautela, quasi come se fosse un ladro che temesse di farsi scorgere, infatti, dopo pochi passi intravide l’abete che imponente occupava una vasta area del bosco; Luigino avanzava intimorito sulla strada che costeggiava le sue radici, l’albero appena lo vide scosse alcuni rami come se fosse nervoso ed aspettò che lui passasse.
Del folletto però, neppure l’ombra. Luigino continuò sulla strada e passando accanto alle radici gettò un occhiata per vedere se le monete fossero ancora prigioniere di esse, purtroppo l’abete le teneva strette, allora, senza fermarsi continuò la sua strada, ma giunto all'altezza del tronco dell’albero si sentì chiamare: “ Ehi, tu! Se pensi d’impossessarti di queste monete, ti sbagli,” brontolò l’abete. 

Luigino si mise a correre impaurito. Giunto a casa non sapeva se raccontare tutto al padre, lui era molto severo e se non l’avesse creduto, avrebbe rischiato di guadagnarsi anche un castigo, così, decise di raccontare la sua avventura alla madre, che di carattere dolce e remissivo, gli avrebbe dato sicuramente ascolto.
La mamma dopo avere ascoltato attentamente il racconto del figlio disse che magari raccontando tutto al padre avrebbero trovato insieme una soluzione al problema. 
Luigino, anche se non del tutto d’accordo, alla fine accettò e corse insieme alla mamma nel capannone dove il papà tagliava i tronchi che abbatteva ogni giorno nel bosco. La madre raccontò tutto al padre e, quando finì,  lui la guardò perplesso, poi guardò suo figlio e aggiunse: “ Se tutto questa storia non è vera, giuro che resterai senza minestra per tre giorni e tre sere. Luigino disse: “ Ti prego papà credimi è vero”.
Il padre prese la sega poi la mano di suo figlio e domandò di condurlo al bosco dove l’abete dimorava. La sua intenzione era quella di tagliere l’albero e prendergli le monete che imprigionava con le sue radici. I due partirono in direzione del bosco, giunti in prossimità dell’albero, Luigino si fermò, indicando al padre l’abete. Il boscaiolo s’avvicinò, toccò il tronco e fiutando la direzione del vento, prese posizione per tagliare l’albero. Luigino che era rimasto nascosto fino allora, avanzò per aiutare il padre a segare l’abete, ma l’abete vedendolo reagì dicendo:
- Ah! Sei venuto accompagnato da tuo padre, piccolo moccioso!
Il boscaiolo non credeva alle sue orecchie, non aveva mai sentito un albero parlare e pensò di rispondere al posto del figlio che era rimasto muto, con la paura addosso che l’albero potesse far del male al suo papà. 

Il boscaiolo domandò all'abete perché fosse così cattivo e avido, l’abete rispose:
- Perché sono stati gli uomini a rendermi così con la loro cupidigia, uomini che mi hanno tolto più volte l’affetto dei miei figli nati ai miei piedi, e solo per far piacere ai piccoli mocciosi come tuo figlio, quando arriva il Natale. Così, sapendo che gli uomini sono attaccati al denaro ne serbo tanto da pagarli perché lascino i miei nuovi germogli crescere in pace. Il papà di Luigino ascoltò con attenzione le parole dell’abete e provò il dolore che l’Abete aveva sentito per i suoi alberelli, che i suoi amici boscaioli avevano tagliato. 
Si rese conto che anche lui aveva fatto la stessa cosa con altri alberi, purtroppo il suo lavoro era quello e non poteva cambiarlo; spiegò all'abete che lui non gli aveva mai tagliato i figli. L’abete rispose che i suoi amici l’avevano fatto. 
Il boscaiolo domandò cosa potesse fare per rimediare al male che aveva subito.  

L’abete rispose che doveva scrivere un pannello e inchiodarlo su uno dei suoi rami, proibendo di tagliare i piccoli abeti che stavano ai suoi piedi. Il boscaiolo acconsentì sperando che l’abete parlante gli desse le monete che tratteneva fra le sue radici, ma l’abete non volle dargli nulla dicendo che comunque gli servivano per gli altri boscaioli che non erano bravi come lui. Luigino indignato protestò dicendo al padre che era solo un vecchio abete buono per riscaldare la casa e i suoi fratelli e sorelle. L’albero  incollerito iniziò a scuotere i suoi rami e con una grossa voce disse:
- Ecco! Vedi? Avevo ragione io che non bisogna fidarsi di voi uomini! Siete tutti avidi.
Il boscaiolo lo interruppe e disse: - Ingordi noi non siamo, ero venuto qui per tagliarti caro abete ma la tua storia mi ha intenerito, anche io sono un padre e devo dare da mangiare ai miei figli e come te devo vegliare su di loro, ma come ben sai noi uomini non possiamo fare nulla senza il denaro, tu ricevi dalla terra il tuo nutrimento e non hai bisogno di riscaldarti in inverno, i miei bambini muoiono se non mangiano e non si riscaldano. Le monete che hai sotto le tue radici, bastano a sfamare tutte le famiglie dei boscaioli e se tu mi dai le monete,  le dividerò con loro così non avranno bisogno di tagliare gli alberi per vivere e ti prometto che sarai tu a vegliare per la spartizione  delle monete d’oro, faremo in modo che questo bosco non venga più toccato e che i tuoi germogli crescano per diventare abeti adulti come te. L’abete aveva ascoltato con attenzione  il boscaiolo e, se non avesse accettato si sarebbe trovato ridotto in tronchetti per il camino, così il buon senso lo fece riflettere e senza dare l’impressione di accondiscendere, storse la bocca e disse:
- Sia!
Il papà disse a Luigino di correre in paese a chiamare i suoi amici colleghi e di portarli al bosco senza spiegargli nulla. Luigino obbedì e corse in paese come gli aveva ordinato il padre. Intanto rimasto solo con l’abete, il papà iniziò a raccogliere le monete e le mise nella pentola che era rimasta, dopo la caduta del folletto, capovolta a terra. 
L’albero poco a poco lasciò tutte le monete che le sue radici serravano e chiese al boscaiolo di lasciargliene una per ricordo.
Il boscaiolo acconsentì e l’abete la nascose sotto la sua radice più grande. Luigino intanto era giunto insieme agli altri boscaioli, il padre seduto sulla pentola delle monete, iniziò a spiegare ai suoi amici tutta la storia e domandò alla fine chi fosse d’accordo di non abbattere più alberi in quel bosco. Tutti esposero le loro perplessità, ma alla fine, quando videro la prima moneta uscire dalla pentola, iniziarono ad accettare. 
I loro occhi scintillavano più delle stesse monete, la conta in parti uguali era iniziata sotto lo sguardo attento dell’abete che fino allora non aveva più parlato, quando tutti ebbero le loro monete, l’abete tossì. I boscaioli spaventati si fermarono e sbigottiti videro il tronco dell’albero aprire la bocca per dire loro di non dimenticare le promesse fatte. Anche se ancora spaventati dall'albero parlante, i boscaioli erano felici, quelle monete ricevute erano come manna dal cielo e non esitarono a rispondere che avrebbero mantenuto la promessa fatta.

 Luigino ed il papà promisero inoltre all'abete, che avrebbero vegliato a che nessuno rompesse il patto. Rientrarono a casa contenti.

Da quel momento ogni anno festeggiarono il Natale accontentandosi del presepe e così fecero anche gli altri boscaioli.
L’abete è ancora nel bosco ed ha visto crescere i suoi figli tutti intorno a lui… Il folletto, che aveva nel frattempo recuperato la pentola vuota, iniziò ad accumulare altre monete… divenne l’inquilino più amato dal bosco poiché, per gli alberi, era una garanzia alla loro incolumità.

Se passate un giorno nel bosco del signore abete, potrete leggere il cartello che il papà di Luigino scrisse e appuntò sul suo tronco:
NON  TRONCATE LA VITA AI GIOVANI GERMOGLI  DI QUESTO ABETE, SONO SUOI FIGLI…

“Ogni cosa è stata creata per le stesse ragioni che l’uomo è stato creato: “Vivere per dare la vita.”  
Il valore della vita è lo stesso anche per gli animali, le piante e le cose e, com’è giusto, deve essere rispettato; la ragione e la saggezza risiedono in ognuno di noi, basta solo farsi guidare dalla loro voce e dal cuore.”


Anna Giordano.                                                                

giovedì 6 dicembre 2018

Pensiero serale: L'amicizia



L'amicizia non si distrugge mai se solidamente rimane legata ai principi di cui è composta la sua essenza. 

L'amicizia è una pianta che affonda le sue radici nella sincerità, nella condivisione e partecipazione, nella presenza e nella presenza della sua assenza, nel saper dare conforto, nella mano tesa dopo una caduta e a quella tesa prima, per evitare la caduta.  
L'amicizia è una cosa seria, un vero impegno verso chi apre la porta di casa e ti offre il suo cuore. 
È un sentimento importante, che non va sciupato, non va monetizzato e neppure demonetizzato. 
Un'amicizia lascia sempre il posto all'imprevisto, per non mancare mai al bisogno degli altri. 
L'amicizia è quel sentimento che lega con un patto fraterno agli altri e fatto a se stesso, tacitamente. 
L'amicizia è quella intesa,cui basta uno sguardo per capirsi senza aggiungere altro. 
L'amicizia è una corteccia d'albero, che protegge il tronco dal gelo che può lederle, è una seconda vita, sempre presente e pronta al momento giusto, discreta e singolare, difficile da potere ignorare.


Anna Giordano


mercoledì 5 dicembre 2018

Buongiorno mondo Poesia e voce di Anna Giordano Regia di Domenico Ernandes






Il contadino brucia le erbacce nel suo campo.
Le formichine corrono frenetiche, 
s'incrociano,
son là sul davanzale,
intente a trasportare il cibo già da ore.

Il sole si stiracchia tra le lenzuola d'ovatta,
sospinte dalla brezza pasticciona,
scoprendo solo a tratti i caldi raggi che,
senza tregua,
tentano d'abbracciare il mondo.

Sbadigliano i boccioli,
attendono ad'aprirsi
per sciorinare al sole i petali del cuore.
Cinguettano sugli alberi, uccelli d'ogni sorta.
Il gatto sta a guardare in cerca di un errore,
e sembra che si chieda: perché lui non vola?
Il mare guarda il cielo e ne sposa i colori,
gli alberi con i rami cercano compagnia,
afferrano un po' di cielo ma è solo fantasia.

Ognuno pensa a sé ma vive anche per gli altri.
Eppure l'universo così meraviglioso,
da noi sovente è ignorato
e sembra che tutto ci sia dovuto;
troppe le volte che diamo per scontato:
un'alba oppure un tramonto,
e mai ci domandiamo se tanto meritiamo.

Viviamo grazie a ciò che ci è concesso:
l'aria che respiriamo,
l'acqua che beviamo,
il sole che ci riscalda,
la pioggia che ci bagna,
il vento che ci asciuga e ci abbraccia senza pretese,
le piante che ci nutrono…
Senza mai domandarci:
come faremmo a vivere se loro non ci fossero?

Cosciente esulto e ringrazio dicendo ogni mattina:

che bello risvegliarsi insieme alla natura,
che bello risvegliarsi nella città infernale,
che bello risvegliarsi e dirsi:
che fortuna!
Ancora un giorno mi bacia e vivo è il mio risveglio!

26/01/2015  Anna Giordano



Pensieri serali...N.13 la metafora- la musica- la fantasia- le verità



"La metafora è come un faro nella tempesta... illumina chi si è perso."

"La musica non ha frontiere , entra nell'anima senza bussare e parla la   lingua universale."

"La creatività e la fantasia sono il dono che Dio ha voluto donare     all'uomo affinché non impazzisse"

"Ci sono verità non dette, solo per fare bene, altre, dette solo per ferire 
  e quelle mai ammesse, per far soffrire". 

Anna Giordano

martedì 4 dicembre 2018

Pensieri serali...N.12 il pensare, il cerchio e la vita, il guizzo del genio


"Pensare non costa niente e se si va in profondità, di sicuro non si annega, anzi, nel fondo si trova l'ossigeno della sopravvivenza, si ha la forza di prendere lo slancio per mettersi alla prova e farsi strada in una giungla d'idee lasciate, troppe volte, vegetare senza farle fiorire."

"Il cerchio, simbolo di continuità e di vita, così come la cellula col suo nucleo, confermano che ognuno nel suo cerchio è l'universo."

" Il guizzo del genio è follia lucida, sprigiona energia pura e non contagia l'idea se non della sua natura; senza eguali, poiché nasce una volta sola, così come ogni cosa e, degno d'attenzioni, si firma e si conferma nella sua identità".

Anna Giordano

lunedì 3 dicembre 2018

Pensieri serali...N.11 la sera, i silenzi, il sole


"La sera è una mano che oscura il sole per permetterci di riposare gli occhi."

"Se alcuni silenzi uccidono la libertà, altri parlano al posto loro"

"Il sole presta la sua luce alla luna perché la notte non faccia
  cadere nell'oblio i suoi raggi".

Anna Giordano

domenica 2 dicembre 2018

Se solo per un momento


Se solo per un momento io prendessi il suo posto cosa farei? 

È questa la domanda, che forse ancora in pochi si pongono. 
Se solo ci pensassimo, quante sono le persone che non possono fare quei gesti che facciamo in automatico, che riteniamo di normale quotidianità e che tanto ci accompagnano, senza pensare a chi non può più farli come: 

salire e scendere le scale, portare alla bocca il cibo, pensare a chi non ha più occhi per guardare , a chi non ha più il dono della parola e deve rinunciare anche a cantare, o a chi non può più sentire mai il suono; pensiamo a chi non ha le mani per  toccare. 
Gesti questi e anche altri, proibiti per tante persone, non per loro scelta, ma proibiti da un destino che nessuno conosce e che ha cancellato la normalità dei gesti e azioni dalla  loro quotidianità.

Se solo per un momento prendessimo il loro posto? 
È questa la domanda che mi pongo e vi invito a porvi, forse, e ripeto forse, staremmo più attenti, quando  parcheggiamo l'auto nei posti in cui solo chi ha l'uso delle proprie gambe, può passare,  impedendo a chi munito di una sedia a rotelle, deve rinunciare, essendo costretto a rientrare a casa, perché l’auto è parcheggiata davanti all'unica uscita che c’è per lui; oppure, ostruire il marciapiede, o ancora parcheggiare nei posti a loro riservati. 
Metterci al loro posto, forse, ci farebbe riflettere, come pure, prima di costruire immobili, strade, automezzi pubblici, senza pensare a loro, e perché no, non a noi; la vita ci può riservare sorprese che nessuno vorrebbe conoscere e potremmo diventare fruitori degli stessi servizi, quelli che in gran parte mancano, cioè, senza barriere architettoniche.

Se solo ci pensassimo, son certa che non li tratterremmo più di diversi, non picchieremmo chi non è più sufficiente a se stesso, non guarderemmo chi è diversamente abile con occhi beffardi e a volte, per non dire sempre, guardarli con quella sfacciata ipocrisia di chi predica il bene e dispensa  il male. 
Se solo per un momento, solo per un momento! 

Prendessimo il loro posto, ci renderemmo conto di quanto sia difficile la vita per chi subisce ogni momento e non solo per un momento, la nostra intolleranza, la nostra incomprensione, la nostra malevolenza, la nostra maleducazione nei loro confronti. 
E mi chiedo e vi chiedo, se almeno, almeno solo per un momento, ci scambiassimo i posti?

Anna Giordano

Pensieri serali...n.10 i tatuaggi, l'errore, il palindromo, l'umile


" I tatuaggi sono l'orologio, che segnano ed evidenziano il tempo nelle pieghe della pelle."

"L'errore è il solo maestro che insegna ad imparare".

" Un palindromo è come una strada senza uscita,
si percorre nei due sensi ed il panorama rimane lo stesso"

"Chi si dice forte e non è umile... è solo un debole in cerca di conferme"

Anna Giordano

sabato 1 dicembre 2018

LA TERRA AGONIZZA


La Terra agonizza e pochi sono quelli che restano al suo capezzale, si cerca di parlare d’altro, quando si fa notare quanto sia grave il suo stato di salute.
I fiumi si prosciugano e, come un attacco ischemico, le conseguenze la rendono menomata.
Gli oceani, la sua linfa, son diventati anemici a causa dei veleni che gli sono iniettati, giorno dopo giorno, anno dopo anno, senza troppi scrupoli da parte dell’uomo.
Intanto la Terra agonizza e nessuno se n’accorge.
Già!
Troppo intenti altrove a curare i propri interessi: petrolio, nucleare, strumenti del progresso che impoveriscono le difese immunitarie della moribonda.
Senza parlare poi, dei pesticidi impiegati per l’agricoltura che l’ignoranza di tanti ne fanno uso spropositato senza riflettere che l’avvelenano, oltre tutte le sostanze tossiche e resti  ingombranti, che vengono gettati in discariche o in fondo al mare, pur di ricavarne denaro .
La fauna e la flora si decima e si trasforma, nell’atmosfera si dirada l’ozono,
il sole brucia con i suoi raggi ultravioletti sempre di più e l’aria sulla terra diventa irrespirabile.
Foreste distrutte, rase al suolo dalla mano dell’uomo, sottraggono l’aria all’ammalata,
che soffoca in mancanza dell’ossigeno e noi con essa…

E l’uomo in tutto questo? Se ne frega e forse dice: “Povero chi resta, io di certo non ci sarò più”.
Fra 50 anni cosa sarà la terra per i nostri figli?
Forse non ci sarà più vita, oppure gli esseri viventi saranno solo dei mutanti.
In pochi si ricorderanno dell’aria fresca e pura delle montagne innevate e tutte le bellezze che abbiamo ereditato… Dove arriveranno i mari con i loro lidi?
Chissà come sarà il futuro del nostro pianeta?
Tante le domande senza risposta, ma noi, possiamo ancora far qualcosa?
                                              
27/01/2008

Sono passati dieci anni dalla data sopra citata e in cui ho scritto questa mia riflessione. Devo, purtroppo e con rammarico, constatare che d’allora non è cambiato niente in meglio, ma in peggio sì.
Trovo che sia triste vedere peggiorare lo stato di salute di questa meravigliosa Terra, dove l’uomo è solo suo ospite che ha fatto di tutto solo per la sua ingordigia, la sua stupidità, la sua superficialità, la sua irragionevole quanto smisurata arroganza, per far sì che essa divenisse ancora più malata. In questi dieci anni, l’uomo con la sua incoscienza, non solo non ha fatto nulla per diminuire l’inquinamento, ma ha contribuito a costruire isole di rifiuti plastici negl’oceani, le cui acque sono inquinate da micro plastiche, conseguenza del deterioramento degli oggetti in plastica di cui l’uomo si disfa  lasciandoli dappertutto senza curarsene di dove finiscono.
 La Terra agonizza e cerca di ribellarsi, alla sua agonia impostale da noi, suoi ospiti, e lo fa con giustizia,  infliggendoci i suoi cambiamenti d’umori climatici.

01/12/2018
Anna Giordano

venerdì 30 novembre 2018

Pensieri serali... n.9 la fantasia e la mente




"La fantasia è  la genialità con le ali, ti fa volare restando a terra."


"La fantasia è l’angelo che  dona le sue ali ai pensieri, permettendogli di volare, planare, raggiungere il paradiso o picchiare in caduta libera verso gli inferi…"


"La mente è come un vulcano, anche quando sembra inattivo, sotto è magma incandescente."

Gli occhi della sofferenza



Occhi che chiedono senza parlare,
tacite domande da essi pronunciate,
mettono nel cuore di chi li sta’ a guardare,
la voglia di dar loro, un briciolo d’amore.

Bimbi, che se ne vanno,
senza aver domandato
ne’ di venire al mondo,
ne’ di dover morire.

Passivi senza pretese,
accettano il loro male
come  anime indifese.

I loro occhi parlano
la tenera età ne fa’le spese,
il tempo
freddo calcolatore,
senz’anima, passivo,
traccia il sentiero infernale,
che li attende .

Anna Giordano

mercoledì 28 novembre 2018

PENSIERI SERALI: IL SOGNO, L'UMILTA' E LA SUPERBIA



"Far parte della vita  è un sogno realizzato, continuare senza vivere nel sogno sarebbe come non avere mai vissuto. 
I sogni sono la ragione per la quale si vive, sono l'obiettivo da raggiungere, la speranza che ci mantiene in vita."

"È sull’ impronta dell'umiltà che il cammino di una vita si rivela grande."

"Una persona si può dire di essere umile, solo se ai propri occhi appare piccola ."

"Se la superbia baciasse l'umiltà, non avrebbe più ragione d'ostentare la sua illusoria superiorità."


Anna Giordano



lunedì 26 novembre 2018

Pensieri serali n.7 l'equilibrio del male e del bene, l'onestà .


"Se il male e il bene coabitano nella stessa persona è solo perché 
l'uno sia d'esempio all'altro per stabilire, fra di loro, un punto neutro, dove, incontrandosi, 
l'equilibrio fa valere la propria ragione."

"L'unico detergente dal profumo onesto è il sudore che gronda della fronte, quando si lavora onestamente."8

Anna Giordano

domenica 25 novembre 2018

Pensieri serali n. 6 credere, il cuore, i ricordi

Qualunque cosa tu dica,
qualunque cosa tu pensi,
Nulla e nessuno potrà darti qualcosa, 
Se in quel qualcosa non credi.

Se il cuore abitasse all'inferno
Tramuterebbe le fiamme in baci ardenti
e le anime dannate in eterne certezze 
da cogliere in suo nome come eterne promesse d'amore.

La vita naviga nel mare del tempo ed i ricordi sono i naufraghi delle sue tempeste.

Anna Giordano

sabato 24 novembre 2018

Pensieri serali n.5 Il tempo


"Il tempo: un grande guardaroba, dove appendiamo gli anni vestiti di ricordi, che ogni tanto col pensiero, rindossiamo  per riveverli."

"Gli anni sono le orme del tempo e il tempo, senza, non avrebbe identità."

"La vita è come un rotolo di carta, solo quando sta per finire la risparmi perché duri più a lungo possibile."

"Il tempo è nullità, se a scandirne gli attimi non sarà più il battito del cuore."


Anna Giordano.

IN NOME DELLE DONNE


Un vecchio proverbio cita: “Chi dice donna dice danno”

 Sì, rispondo,
danno tutto quel che hanno!
La donna dà la sua vita pur di dar la vita.

Le donne danno la loro libertà,
 il loro tempo,
il loro amore,
la loro attenzione,
 la loro disponibilità,  
all’uomo,
 ai figli,
alla famiglia.
Si sacrificano per amore,
vulnerabili se innamorate.
Da figlie ascoltano,
da mamme proteggono,
da nonne insegnano la loro esperienza.

Danno, sì,
altro che danni!

Coprono ogni ruolo,
senza distinzione,
accettando i compromessi
dell’odiata discriminazione.

Donne che danno, danno, danno!
In cambio, non ricevono che danni
Donne maltrattate,
donne sfruttate
donne infibulate
donne abbandonate.
donne violentate, stuprate,
abusate, tradite, uccise,
ma mai riscattate…

botte, schiaffi, coltellate,  
e proiettili,
e veleni, e le strette?
Solo al collo,
per non farle più parlare.

Cosparse con benzina e date a fuoco,
 torce umane!
Coll’acido annaffiate
per bruciarle la bellezza
sia dell’anima che del corpo,
donne arse,
donne esposte,
sotterrate,
abusate,
malmenate e poi uccise!

Tu che donna dai la vita
mentre a te viene sottratta
da quegli uomini malsani
messi al mondo da una donna.

A tuo figlio insegna pure, 
che la donna è ricchezza, 
è il solo essere che crea l'uomo,
e ogni uomo deve rispettarla, 
deve donarle quel amore che lei merita
per pulirla da un peccato inesistente,
quello d’esser nata donna. 

Anna Giordano 21/03/2018                                             




venerdì 23 novembre 2018

Pensieri serali n.4 il destino, il vuoto, il denaro e il tempo



"Il destino è un se che insieme a un forse, possono costruire il  domani…"

"Anche i vuoti occupano spazio, una scatola vuota è pur sempre piena d'aria."

Il denaro non è che un mezzo di trasporto per viaggiare nella vita, senza aver bisogno di chiedere un passaggio." 

"Il tempo impalpabile, invisibile, astratto, eppure, costantemente presente si concretizza e lascia di lui in ogni dove la sua impronta."


Anna Giordano

sabato 17 novembre 2018

Pensieri serali 3 La ricchezza e la miseria, modi di vivere, la morte, le sensazioni.


" La ricchezza dei pochi fa la miseria dei tanti"


"C'è chi vive il nulla bruciando i suoi anni e chi, invece, brucia il nulla vivendo i suoi anni"


 È nel silenzio, assurdo, di una vita recisa, che ci si accorge quanta tristezza procura un fiore quando muore" 


"Non lasciare i cieli delle tue stanze, se in esse arrivi a far volare alto il tuo sentire"


Anna Giordano

martedì 13 novembre 2018

La droga, questa sconosciuta



Cari ragazzi,
Questa è una lettera che vi indirizzo per domandarvi di rispondere alle mie domande. Qui si parla di futuro e voi lo siete!

Ditemi cosa vi passa in mente quando scegliete per amica la droga, vi domando: sapete cosa assumete? Io penso di no poiché con tutte le vittime che vedete nel vostro quotidiano, se veramente qualcuno vi dicesse quello che state assumendo non lo fareste di certo;
chi vi vende quel veleno vi vende anche menzogne, a meno che non siate tanto ottusi o meglio, stupidi, da non credere alla verità.
 I vostri coetanei muoiono per la curiosità di provare la droga, un po’ come fa il topo quando allettato dall'odore di un’esca, rimane intrappolato. 
Altri invece, per una scelta fatta anche se sbagliata, spinti dalla disperazione che alimenta la loro anima, quella che un adolescente prova alla prima delusione d’amore o più forte ancora, di non essere compreso, oppure del disgregarsi della propria famiglia, della sicurezza che viene a mancare, del sentirsi non amato cercando conforto, a volte negato da chi li ha messi al mondo, magari per la loro ignoranza o mancanza di captare i segnali che un figlio gli lancia e che lo fa sentire schiavo della situazione che sta attraversando. Problematiche che sembrano insormontabili, ma che con un po’ di pazienza e un chiaro parlare con i propri genitori si riescono a trovare le soluzioni.

Mi rivolgo a voi ragazzi tutti: “Non affidatevi alla droga per risolvere i vostri problemi! La droga è la peggiore scelta che possiate fare, una volta assunta siete suoi schiavi fino a portarvi nelle mani della morte, che questa, soddisfatta  ridacchia e brinda con la droga la vostra fine in nome della loro alleanza.
Vi siete mai domandati se prima d'accettare uno spinello, una sniffata, una siringa cosa state assumendo? Non credo!
Purtroppo, state assumendo la Morte!!!

 Certo voi dite: " Uno spinello non è cosi drammatico, ho sentito dire che è una droga leggera, non mi farà niente!"
Ah! Come vi sbagliate!

Sapete che lo spinello oltre a farvi suoi dipendenti, può farvi diventare schizofrenici, cioè dei paranoici,al limite della pazzia, demenza precoce, senza potere gestire le vostre paure e che vi porta a vivere una vita d’inferno, a stare sotto cure mediche e ad assumere medicinali per il resto della vostra vita; vi può portare a fare cose inconsciamente come incidenti stradali se conduce durante i suoi effetti, può procurare l’ipertrofia gengivale che annerisce e fa cadere i denti, malattie respiratorie gravi, difetti di concentrazione della memoria e tante altre patologie che mineranno la vostra vita tanto da farvi vivere ai margini della società e della vostra propria vita.

Ma ciò malgrado, in molti ci riprovate perché siete già suoi schiavi, e senza che ve ne accorgete vi convincete che l’esperienza vi ha dato qualcosa, se pure artificiale, vi ha fatto sentire rilassati, immagino, poiché io di droga non ne ho mai assunta e mai ne assumerò,vi ha fatto sentire più adulti, padroni del mondo, vero?
Non sapete che emulate solo lo sbaglio di chi è già schiavo della droga, oltre che di se stesso. Cadrete, come loro, nella tela di un sistema dal quale non si scappa.
Il ragno è la droga e voi le sue prede. Sì, voi poveri innocenti a chi si tende la rete, che ingenui, abboccate!
Cercate di parlarne con i vostri genitori, nonni, o forze dell'ordine quando qualcuno vi offre la droga, non fatevi ingannare, dagli amici, non seguite i loro sbagli, diffidate di chi vi propone d'assaggiarla gratuitamente, spacciando il suo gesto, come segno d'amicizia. Chi offre droga offre solo Morte!
Ditemi cosa vi spinge giovani leve di vita a bruciarvi il piacere di vivere?
Non ditemi che la vostra vita non vale nulla, che siete poveri incompresi, oppure che non potete comprarvi le stesse cose dei ricchi, rido!
Povero è colui che non sfrutta la sua povertà come leva di rivincita, uno sprono per dimostrare che pur essendo povero non ti manca nulla per diventare qualcuno.
I ricchi non sono sempre stati ricchi, c'è sempre un inizio.
Se poi ti senti solo, senza affetto è duro, ma non è la droga che ti tirerà fuori dalla solitudine, anzi non farà altro che tirarti giù nella sua prigione.
Usa la solitudine per scoprire la natura, studia e osserva il mondo che ti circonda e troverai le risposte ai tuoi perché.
Tutti siamo stati adolescenti, con tutte le problematiche degli adolescenti, che personalmente mi sono scivolate addosso, non le ho subite perché le ho respinte, vivendo il periodo dell'adolescenza e ricordandolo come il più bel periodo della mia vita! I problemi c' erano anche più di adesso,  ma la mia droga era ed è la vita!
Sono passati tanti anni dalla mia adolescenza, ma l'amore che nutro per questa vita cresce sempre di più, come pure la curiosità di scoprire le sue sfaccettature.
Ogni giorno che nasce è un'avventura da vivere è questa la droga della vita, la curiosità, non quella di provare la droga, non ci penso neppure lontanamente! La mente basta a se stessa per drogarmi con la voglia di vivere le situazioni, anche le più dolorose, con la forza di superarle, di vincere la sfida che si presenta e gioire della vittoria e se anche si raccogliesse la sconfitta, arricchirebbe il bagaglio della propria esperienza per non sbagliare nella prossima sfida.
Ragazzi perché vi drogate? Per arricchire i boss della malavita?
Per loro date la vostra vita pagando con i soldi che non avete o con quelli che i vostri genitori stentano a guadagnarsi, o ancora, quelli troppo facili da spendere, quelli di alcuni genitori che pensano d’amare i figli permettendogli tutto e che così facendo li uccidono doppiamente, barattando l'amore con i soldi e permettendo ai propri figli libertà assoluta nel fare quel che vogliono.

La vita senza regole diventa anarchia, Genitori! Ora mi rivolgo a voi, dettate le regole ai vostri figli, guidateli nel giusto, sin dalla più tenera età, loro non possono crescere senza regole, parlate loro in veste di genitori è la vostra missione, non fate gli amici dei vostri figli. Il tronco dell'albero va drizzato quando è piccolo, se volete farlo dopo i primi anni di vita sarà troppo tardi perché si spezza. Voi siete il loro sostegno da mettere intorno alla piantina che con amore la guida per raggiungere la cima dritta e robusta, insegnando loro la strada per affrontare le intemperie della vita.

27/10/2018 Anna Giordano