mercoledì 4 ottobre 2017

Ammettere i propri errori



Ammettere i propri errori evita le discussioni inutili che creano dissidi tra le persone e anche guerre, se si parla di popoli e nazioni. 
Ammettere le proprie colpe è segno di buon senso, maturazione e civiltà. 
Se solo ci fermassimo un momento per guardare dietro quel che abbiamo fatto e del tempo che abbiamo davanti che, fra parentesi, è una incognita, potremmo capire meglio quante cose abbiamo sbagliato e quanto tempo abbiamo sprecato pensando di avere vissuto, ma accorgendoci, magari, di avere solo vegetato, stagnando in un pozzo di errori mai ammessi e rinnovatisi nel tempo; perdendo così, la nozione dell'onestà verso se stessi e verso gli altri. 
La cosa più triste, penso che siano le colpe che, sovente, non si ammettono, solo per conflitti d'interessi, che si accumulano in quel pozzo dove vegeta, indisturbata insieme agli errori, la ricchezza; purtroppo e con rammarico, solo materiale! 
Se poi penso agli Arpagoni della situazione, che malgrado la loro età avanzata, continuano ad accumulare ricchezze privandosi di qualsiasi cosa, pur di non spendere un centesimo, neppure magari per aiutare i propri familiari. Non arrivo a capire proprio, anche mettendoci tutto il mio modesto cervello, il perché del loro comportamento. Pur sapendo di dovere tutto lasciare. 
Non siamo altro che attori della nostra vita e a volte solo dei figuranti. Passiamo su questo immenso teatro, che è il mondo e, 
come in una corsa a staffetta, passiamo il testimone lasciando il posto agli altri... e allora? 
Lasciamo di noi qualcosa a chi prenderà il testimone, che rimanga e sia di buono esempio affinché non si continui a correre per nulla, su una scia di errori che si ripetono negli anni. 
La pace e la leggerezza sono due componenti per arrivare alla fine della corsa, soddisfatti di avere contribuito, magari, alla vittoria della squadra per un mondo migliore, grazie all'ammissione e all'onestà nel riconoscere i propri errori .

lunedì 22 maggio 2017

PAROLE E PUNTI DI VISTA SULLA BELLEZZA

La bellezza è l'armonia che sveglia le sensazioni, i sentimenti... aggrega le più svariate forme di vita per comporre una sinfonia inedita ed unica, ogni volta che invita l'anima alla sua contemplazione della meraviglia e l'amore per la vita.

Per cui,  sia la bellezza che la bruttezza,  sono solo due punti di vista che convergono e si dividono là, dove  primeggia la propria convinzione.

Un vecchio detto dice: Non è bello quel che ch’è bello, ma è bello quel che piace. 

La bruttezza non è altro che la visione distorta della bellezza e per cui, non ci sono cose o persone belle o  brutte, ma soltanto persone e cose  che, attraverso un insieme di fattori consoni a determinati  gusti, vengono definite belle o brutte . Sia la bruttezza che la bellezza  sono soggettive poiché i gusti non si discutono.

Voltaire diceva: “ Chiedete al rospo che cosa sia la bellezza e vi risponderà che per lui la bellezza  è la femmina del rospo”.

Se un fiore ha un aspetto bello, ma  non ha un buon profumo, la sua bellezza  può trasformarsi in disgusto e bruttezza, rimanendo  così,  solo un bel involucro  vuoto di ogni buona  essenza.

 Anna Giordano

 

 

 

 


sabato 6 maggio 2017

Chissà se Vincent Van Gogh …

                                                             
Ogni volta che il mio sguardo si posa sui quadri dei grandi pittori, soprattutto quelli di alcuni artisti che hanno avuto una vita grama e che solo dopo la loro morte sono 
stati riconosciuti i loro meriti, 
 ho un pensiero che mi attraversa, come un richiamo, come un brivido di tenerezza per chi ha dato tutto e in cambio non ha ricevuto null'altro che il disprezzo , l’incomprensione e le umiliazioni.
Non so perché in questo istante penso a Vincent Van Gogh , che 
 malgrado il suo nome può fare immaginare qualcosa di vincente nella vita, ma che chissà, per quale occulto mistero non ha goduto di vittorie, anche se poi il suo genio è stato riconosciuto, e che purtroppo non l’ha mai saputo. Peccato!
Ognuno lo schivava, altri lo trattavano per un poco di buono, un ubriacone mezzo matto e che i suoi quadri non valevano niente... E mi fermerei qui poiché è evidente che chi giudicava non era competente oppure era soltanto indietro di anni di fronte alla poesia che in quei quadri Van Gogh esprimeva. Egli era un sognatore poeta del suo sguardo, lui non vedeva le cose allo stesso modo che gli altri, perché oltre agli occhi usava l'anima. 
Quando  dipingeva,  dipingeva le vibrazioni che la sua anima emanava. Un cielo stellato

per lui non era solo un fondo scuro con qualche spruzzo dorato, no, era un cielo fatto di sfumature di blu scuro che andava al blu più chiaro, ambrato da veli leggeri appena più chiari che mettevano in risalto il buio col movimento che dipingeva come soffi di vento, attorcigliati intorno a stelle che a loro volta diventano ai suoi occhi, girandole. Stelle che nei suoi dipinti rappresentano e compongono ciò che definirei il movimento statico.  Era come se volesse raffigurare il respiro dell'universo,  una allegoria, e  non solo un cielo scuro con qualche stella dorata, ma un'esplosione dell'anima impressa su tela, un universo mai visto se non attraverso i suoi occhi, quelli di un puro sognatore poeta-pittore.
“Eppure, fu un genio incompreso, che annegò la sua solitudine e il disprezzo mostratogli per le sue opere, nell'alcol che alleviava, forse, il dolore che tutti gl'infliggevano. La sua, inizialmente, non credo fosse vera pazzia visto che un genio mette sempre un pizzico di follia in quello che fa, rendendolo speciale, fuori dalla norma, fuori da quelli che sono i canoni predisposti dalla società,  abituata a dei comportamenti così detti: normali. Quando ciò succede si è subito etichettati e definiti pazzi. Gli squilibri mentali che gli erano stati riscontrati e, che comunque, nella sua famiglia non erano sconosciuti; furono per Vincent anche la causa della sua depressione, dovuta probabilmente anche allo stato marginale in cui viveva che lo spinse a bere di tutto finanche l'assenzio, di cui all'epoca non si conoscevano troppo gli effetti collaterali e nefasti che si ripercuotevano su chi ne faceva uso,  tanto da incidere notevolmente sullo stato mentale che accentuò, per il povero Van Gogh, le cause del suo suicidio”.
Dicevo, vorrei tanto che quel giovane pieno di genio che si tolse la vita a 37 anni, potesse conoscere di cosa è stato capace e come la sua arte post-impressionista, oggi si sia affermata ed abbia arricchito l’arte nonché la vita di chi, sui i suoi capolavori, ha speculato.
Povero Vincent, chissà cosa direbbe ora del periodo in cui tentava di barattare una tela contro una bottiglia di vino o anche solo un bicchiere e veniva cacciato via come un appestato. Chissà se al posto delle cattive lingue avesse  incontrato anche solo una persona che avesse condiviso con lui la bellezza delle sue tele, ed apprezzato la poesia che lui sapeva così bene tradurre nei colori e le composizioni dei suoi capolavori. Chissà cosa direbbe se conoscesse la fama delle sue opere raggiunta solo dopo la sua morte. Immagino i suoi occhi che tante volte egli dipinse nei suoi ritratti, di quale luce si vestirebbero se scoprisse oggi la sua fama mondiale?
Sono sicura che brillerebbero come nidi di stelle come quelle dei suoi quadri,  pieni di lacrime di gioia, riscatto di una vita sofferta e annegata nella più grande sofferenza dell'incomprensione. Vedere i suoi girasoli 
che esprimono, malgrado i colori accesi, un velo di malinconia, recisi e messi nel vaso; fiori che, forse, definiva tristi poiché la loro vita dipendeva dal sole,   obbligati a seguirlo per sopravvivere e quindi in un certo senso suoi prigionieri. Oppure i suoi iris,
così veri e non apprettati, messi quasi alla rinfusa nel vaso, come se un guizzo di follia all'improvviso l'avesse ispirato ad immortalarne la bellezza prima che appassissero …  E che dire del ramo di mandorlo?
Soltanto un ramo, perché bastasse a raccontare la bellezza delicata della primavera dei suoi fiori, fissata su una tela per vivere nel tempo.

Così come il suo ultimo gesto che, con una pennellata color rosso sangue, coprì il grigio della tela della sua esistenza. 

Febbraio 2017 Anna Giordano.

domenica 30 aprile 2017

Primo maggio 1947.


  
E le ginestre olezzavano al vento,
mentre le grida si levavano al cielo.
Furono in tanti a patire il martirio
Per contestare una vita da schiavo.

E le ginestre olezzavano al vento,
mentre la storia scriveva il tormento.
Furono in tanti a cadere nel rogo
Dei diritti bruciati, negati col sangue.

Sfilano in tanti brandendo bandiere,
per festeggiare ancora oggi il lavoro.
No! Non fu vano il loro martirio …

E le ginestre profumano ancora, 
per ricordare l’eccidio lontano
in quel agguato,
del  primo giorno di maggio.


29/04/2017 Anna Giordano

domenica 16 aprile 2017

DISCORRENDO, CORRENDO VERSO L'AMORE



Non è con la guerra che si costruisce la pace, 
ma con l'amore che disarma chi è armato, 
poiché non ha bisogno di sparare chi non l'aggredisce. 
La pace è la chimera di tutti, 
ma sono pochi a sognarla 
come stato permanente di ogni nazione.
La pace è il rispetto che si ha per gli altri, 
ma su tutto per se stessi
Chi semina guerra raccoglierà  guerra 
e con essa la distruzione di ogni buon sentimento, 
l'odio abiterà  nei cuori 
e per la pace non ci sarà più scampo. 

Quando dicono che non ci sono soldi  per sfamare chi popola il terzo mondo, forse dimenticano i soldi sprecati per alimentare le guerre, che 
basterebbero non solo per sfamare, ma farebbero vivere in pace il mondo intero, cancellando la povertà.
Il vero problema risiede nella testa di coloro che, per educazione ricevuta, coltivano l'idea di essere migliori esercitando ed imponendo la propria forza con il potere e le armi. 
Nessuno ha insegnato loro che siamo solo di passaggio?
Questa continua supremazia del forte sul debole è e sarà la vera bestia da combattere! 
Penso che, in quanto donna, la donna debba farsi carico, innanzi tutto , d'insegnare l'amore, l'umiltà , la pace ai propri figli. 
Di prendersi le responsabilità verso la loro educazione, di farli crescere, insieme al marito o compagno, in un atmosfera di vera famiglia, dove vigono le regole dell'educazione, basate principalmente sul rispetto e l'amore per il prossimo. 
Senza regole si corre verso l'anarchia, che stravolge ogni verità. Il compito di una mamma o padre, dovrebbe, responsabilizzare, in rapporto all'età, i propri figli che saranno  i futuri padri e madri delle società a venire.  
Fin quando non ci saranno delle vere e proprie responsabilità verso i propri figli, in quanto genitori, e non amici dei figli o difensori a torto per le marachelle degli angioletti, futuri diavoletti... correremo verso il baratro di questa società che di giorno in giorno si disgrega sempre di più, fino a creare una determinata incompatibilità  fra gli esseri umani, causando l'autodistruzione degli stessi. 

L'uomo sembra che stia attraversando un momento di capovolgimento attitudinale, tutto si sta ribaltando. Sembra che le sue azioni stiano ritornando a riflettere quelle delle sue origini primordiali; ritornando all'era delle caverne. 
Oggi sono molti per non dire troppi, gli uomini che hanno potere di vita e di morte sulle donne, in particolare. 
La donna, figura da sempre sottomessa all'uomo e non solo all'epoca delle caverne; oggi la donna subisce ancora e paga con la vita, le prepotenze dell'uomo. 
Se si mette a confronto l'uomo primitivo e quello attuale, vediamo che non ci sono differenze dal punto di vista di comportamento poiché i due hanno potere e dispotismo sulla donna. 
Malgrado ci sia un abisso fra i due dal punto di vista evolutivo dei tempi, ma che non ha cambiato comunque nulla nel modo di vedere la donna, poiché per un sì o per un no, vengono private della loro vita. 

Allora mi rivolgo alle mamme e dico loro che educare i figli sia la cosa più importante che ci sia, se vogliamo che il mondo possa cambiare! Educhiamoli a rispettare la donna e l'uomo, con gli stessi principi e senza differenze di sesso; apprendiamo loro a fare i lavori domestici, come lo facciamo con le bambine, installiamo con loro il dialogo e non lasciamoli soli con un PC, o telefonino. 
Facciamo in modo che si sentano accuditi, seguiti, insegnando loro la tolleranza, la carità, l'Amore verso se stessi e verso gli altri, insegniamo loro  a saper distinguere il bene dal male. 
Facciamo loro degli esempi, i bambini amano le favole non li facciamo diventare subito adulti, diamo loro il tempo di vivere la loro età , permettendogli di pensare, di capire. 
Non facciamo dei nostri bambini dei mostri, lasciamogli 
la loro ingenuità senza deriderli. 
Guardiamoli dormire e capiremo quanto sono fragili. 
Non esercitiamo su di loro le nostre esigenze, inclusa la fretta di farli crescere. 
Diamo loro il tempo di assimilare attraverso le loro esperienze, minuto dopo minuto, ora dopo ora, giorno dopo giorno, anno dopo anno, con la cadenza del tempo che ci vuole, vissuto in ogni suo attimo; anche se è difficile conciliare il tempo degli adulti con quello dei bambini, ma una cosa è certa che un genitore, in particolare le mamme, sanno che mettendo al mondo un figlio hanno l'obbligo di occuparsene. Essere mamma non vuol dire solo essere genitrice, dare la vita è molto più semplice che educarli. Una buona mamma veglia all'incolumità del proprio figlio, ma non solo quella del corpo, deve soprattutto 
vegliare a quella della sua anima... Se vogliamo 
che i nostri figli e figlie non debbano vivere nell'angoscia 
della guerra e la distruzione, dovuta all'assenza 
di educazione alla pace e al rispetto. 
Seminiamo nella loro vita l'Amore l'unico antidoto 
contro il male.  


12/03/2017 Anna Giordano

giovedì 13 aprile 2017

La magia del divagare nei ragionamenti.



Prendendo una parola a caso come: infinito, che normalmente ed etimologicamente indica ciò che non ha fine, ma che personalmente ho voluto pensare e di conseguenza, divagare, confidando il mio pensiero a questo foglio cambiando il mio punto di vista capovolgendo il significato della parola, scrivendo quanto segue:  In- finito = nel finito.

Con la parola “infinito” si definisce ciò che non ha fine, senza limiti, dando una dimensione non finita al pensiero, che la rende finita. 
Cerco di spiegarmi o almeno ci provo, ragionando con me ed il foglio…Una cosa che è finita è definita dal pensiero, qualcosa che ha tutte le caratteristiche per essere definita tale. L’infinito, in un certo senso, assume un concetto di finito anche se la parola è nata per dire che non ha limite, ma che comunque, definisce con essa il limite del suo significato. Se penso al mare che non è infinito, eppure molte volte è indicato come tale in quanto immenso e, apparentemente, senza limite. Paragonandolo all'infinito, anche non essendolo, la parola: infinito, dona al mare l’immagine di qualcosa che non ha fine e né limite poiché sconfina oltre il nostro sguardo.
 Permettendo alla nostra mente di capire con semplicità l’idea della sua smisurata quantità d’acqua da cui è composto e senza doverne quantificare in cifre i litri, rendendo la visione o idea che sia, più complicata da capire di quanto sia enorme la sua massa d’acqua, quando invece, può darla da sola la parola: infinito. Ciò aiuta a rendere l’idea, almeno credo,  sul significato di questa parola, limitando l’infinito ad essere contenuta in una piccola parola di solo otto lettere e che  a sua volta, limita in essa la quantità senza fine. E allora, direi proprio che l’infinito risieda nel suono delle parole. Parole per le quali, bastano solo ventisei lettere, comprese le vocali, che ci servono per  parlare e scrivere all'infinito, ed il paradosso sta proprio nell'usare un numero di lettere definito per farlo. Come  pure per i numeri, con nove numeri, più lo zero, si possono generare tutte le possibilità numeriche, infinite e finite, così anche per le note musicali che sono sette e bastano per imbastire ritmi e melodie a perdita d’udito. Che meraviglia l’estro delle menti che con un esiguo numero di lettere, numeri o note possano creare col loro limite: l’infinito.

07/03/2017 Anna Giordano





mercoledì 22 marzo 2017

Gemma di vita

    
Eccola,  è qui,
sul dorso della mano,
gemma di vita.
Venuta da lontano,
smarrita, un po’ stordita,
guarda il luogo in cui è approdata .
Penso al suo peregrinare,
alla sua folle corsa,
per giungere poi sulla mia mano.
Chissà quanti i luoghi, 
sul suo cammino,
quante le rocce, i ciottoli e sentieri,
prima di giungere a me, 
ha lei baciato? 
Nella sua corsa folle 
verso l’orizzonte marino,
spinta dalla sua forza unita alle altre gemme,
per ritornare al luogo da cui era partita.
il suo destino, 
nelle mie mani. 
Cercava l’inizio 
ed ha trovato la fine,
su questa mano che ignara, 
non sa come farla proseguire .
Guardo la gemma, 
abbaglia la mia vista
e invita le mie labbra a baciarla , 
e … la  goccia tremante,
in bocca, si scioglie.

Anna Giordano 


domenica 19 marzo 2017

INTARSI



Com’è bello l’intarsio di cielo, tra il bianco e l’azzurro,
trama tessuta fra i rami di alberi spogli.

Il volo di un’aquila fruga nell’aria di gelo tagliente.

Imbiancata è la valle ed i pini guardiani
sorridono al raggio di sole immaturo
che  occhieggia tra cime di monti sovrani
vestiti di bianco virgineo.

Sensazioni pulite  di quiete

s’adagiano mute nel lago dell’anima.                   


15/09/2016   Anna Giordano

L’ONESTÀ è...


“L'onestà non paga”, è quello che si dice,
forse per chi non ne conosce il volto,
ma so che il cuore appaga,
rendendo l'anima radiosa.

Onestà,
fautrice della moralità,
sostegno dell’umanità
basato  sulla verità.

Onesto è chi il giorno vive e 
 non v'è notte che lo sfiori,
chi la sua vita regala agli altri
e degli affanni loro si colora.

Onesto è chi con piacere dona, 
e mai si pente del suo gesto,
chi dell'amico stringe la mano, 
e mai parla male di lui in sua assenza.

Onesto è chi mai nega la ragione agli altri,
chi non conosce ipocrisia e menzogna,
chi concede il diritto del dubbio
e ha l’umiltà di riconoscere i suoi errori.

Ognuno, all’onestà soccombe con piacere
 ad ogni suo slancio,
e più la vive e più si rende conto
che senza, sarebbe sempre notte fonda.

È aria pura,
tutta da respirare,
rigenera l'anima e inonda di luce candida
lo sguardo di chi 
onesto
mena la sua vita.


 Anna Giordano 26/09/2016



sabato 18 marzo 2017

IL DENARO

 Il denaro è come la pietra filosofale, trasforma l'uomo e i suoi migliori aspetti facendo emergere quelli  cattivi. 
Molte volte, per non dire sempre, ne rivela i suoi peggiori lati oscuri. Trasforma i sogni in realtà, permette di sopravvivere, vero! Ma può anche trasformare l'amicizia in odio, l'amore in  interesse, la vita in inferno, la pace in guerra, la semplicità in opulenza, il povero in ricco, l'umile in superbo o il buono in cattivo. Dove c'è il denaro c'è ricchezza materiale, ma povertà morale. 
Trasforma, troppe volte,  in prepotenza e potere,  chi lo possiede ed apre le porte a tutte le iniquità; rende schiavo e dipendente chi lo tocca e, come droga, offusca la mente. 

Chi ne possiede crede che tutto sia possibile, tutto si possa comprare compreso i sentimenti che riesce a cancellare, come una gomma; dove passa il denaro tutto scompare, l'onestà  sovente diventa disonesta , il male diventa prefisso per tutte le parole che lo incontrano: 
malasanità, che per denaro trasforma sovente la professione onorata di un medico, in persona incurante e senza coscienza; il malaffare, i professionisti in denaro-dipendenti che costruiscono case ponti strade e tante altre opere senza il cemento. Sì, cemento come quello che dovrebbe saldare la fiducia dei poveri innocenti che, fidandosi, rimangono fregati o vittime della loro ingordigia  e così via, man, mano… come il giudice venduto, o il generale affiliato alla malavita. Come pure lo spacciatore che uccide tante vite innocenti e spende il suo sporco denaro bevendo, festeggiando, facendo vita agiata insieme ai propri boss; sfruttando i morti viventi per brevi tempi, poiché son sempre in cerca dei rimpiazzanti, giovani innocenti, a chi vendono la dose,  che cadono imperterriti nella loro trappola, pur conoscendone gli effetti letali, e non capisco il perché e né quale sia la ragione che l’induca ad assumere quella terribile e scheletrica signora, falciatrice di vite umane dal nome: Droga.

Giocatori d'azzardo che per bramosia di possedere sempre  più denaro s’impoveriscono, perdendo il poco o il molto che hanno e trascinano nel vortice distruttivo anche la propria famiglia.
Oppure il mal odorante denaro che induce le giovani ragazzine, cresciute senza valori o contagiate da questa società malata, a mettersi in vendita, volutamente, per diventare le schiave moderne del sesso, di un progresso latente. 
Per denaro si uccide, si truffa, si ruba, si timbra la presenza in sua assenza, si chiede l'elemosina ingannando, si fa la cresta sul peso della spesa alla vecchietta, si uccidono i genitori, nonni e bambini. Il denaro:  lo sterco del diavolo, una definizione appropriata perché sovente, sporca chi lo tocca trasformandolo a sua sembianza.
 Allora sorge in me la solita domanda: Perché?

Perché non contentarsi di quello che si ha, senza che ci si sporchi di assidua mal onestà, che bussa con insistenza per entrare in ogni vita, promettendo agi e ricchezze in cambio della pace.
C’è anche chi di soldi ne ha perché ha lavorato onestamente, e c’è anche chi  divide la sua ricchezza con chi non è agiato o versa nella miseria assoluta. Per molti,  i soldi, e per fortuna, sono soltanto un mezzo di sopravvivenza, senza strafare e cadere nell'opulenza sfrenata dell’egocentrismo, quella che rende insensibili e ciechi verso le altrui vite.
Ma ancora una volta, per fortuna, esistono persone che onestamente lavorano e trasformano, lavando, il denaro sempre maleodorante, col sudore della propria fronte, l’unico detergente che lo profuma d'onestà; anche se, quello stesso denaro, purtroppo girando di mano in mano, ricade nel giro infernale di mani poco pulite e ridiventa infestante, contagiando la vita di chi si crede immortale e cerca d’accumularne con qualsiasi mezzo, dimenticando che l’orologio della vita prima o poi si fermerà.


19/02/2017  Anna Giordano

mercoledì 1 marzo 2017

INTROSPEZIONE: CHI SONO?



Chi Sono?
È una domanda che spesso mi pongo e che volgo anche al plurale, chi siamo?
Siamo quello che ci aspettavamo d'essere secondo le nostre aspettative?
Oppure siamo quello che, malgrado, le nostre aspettative non siamo riusciti ad essere?
Sembra facile dire di sé quel che si è, ma la cosa si complica perché viviamo in uno stato di continua evoluzione che dipende non solo da sé, ma anche dagli altri, visto che la specie umana vive in comunità e dalla quale si attingono riflessi e riflessioni,  quando, su tutto gli altri,  non hanno una visione giusta della tua persona. Spesso dicono di te quel che tu non sei, ma quello che loro pensano che tu sia, distorcendo la vera immagine di ciò che sei.
Quindi è difficile, se non altro, perché comunque gli altri, influenzano chi li ascolta.
In passato, devo ammettere e dire, che mi hanno condizionata, me malgrado, a pormi delle domande, sovente alle quali  non ho trovato risposta.
Oggi per non dire dieci anni fa, anno più anno meno, mi sono dedicata alla scrittura, anche se da sempre nutrivo passione per lo scrivere e avevo in mente di fare questo passo, mi ci è voluta una vita per farlo. Già, c'è voluto tanto tempo, prima di ascoltare soltanto me stessa e, per una volta, senza tenere conto degli altri.
Deformazione ricevuta da una educazione rigida? Forse!
Oggi scrivo romanzi, racconti, poesie, pensieri e, fra tante altre cose, è quello che più mi piace fare, ma ciò non vuol dire che debba escludere dalla mia quotidianità il dedicarmi ad altro, no, sono troppo innamorata della vita e non posso non scoprirla nelle sue peculiarità poiché, come lei, sono poliedrica, perché nella diversità nasce e si scopre la vita in tutte le sue sfaccettature.
Vita di un pensiero, di un sogno, di un’azione… ma poi, ad un tratto, di tanto in tanto, ricado nella domanda: Chi sono?
È una domanda che frequente  riemerge dal fondo in cui l’ho parcheggiata e nei miei pensieri primeggia una idea, dicendomi che scoprendo me, scoprirò forse gli altri.
Anche questo è un pensiero ricorrente ed è forse la mia ossessione di capire chi sono, da dove sono arrivata, la vita è un caso? Che mi fa persistere in questa direzione.
La verità? Non la so!
Dicono che il caso faccia bene le cose, ma la mia nascita è parte del caso? È stata giusta? Cosa sono venuta a fare in questo mondo? Potrei rispondere,ancora una volta: non lo so, ma provo comunque a cercarne il bandolo…
Dunque, se sono oggi qui, deve pur esserci una ragione, poiché credo che la casualità sia relativamente casuale.
Abbiamo tutti un compito ben specifico, anche se passiamo un’esistenza a domandarci quale sia il proprio, a volte penso che la vita possa essere paragonata a un gioco del quale siamo le pedine, mosse da una mano sconosciuta che c’induce a fare passi di cui non ne conosciamo il risultato.
Ma, come tutte le cose, se ne analizziamo i loro perché, forse,  riusciamo a trovare la spiegazione.
Ad esempio la mosca, a cosa serve una mosca? Quando sappiamo che sono fastidiose, portatrici di germi, insetto che all'uomo non serve a niente poiché dannosa per la natura, quando depone le sue uova nei fiori dei frutti. Inutile tormento in estate, quando il caldo appiccicoso le fa volare e ronzare nelle orecchie durante la siesta pomeridiana, rendendola una vera tortura.
È vero, direi che non servano assolutamente a niente!
All'uomo! Risponderebbero gli uccelli, che si nutrono anche di mosche e non sono i soli.
Sì ma gli uccelli a cosa servono? Anche se devo ammettere che mi danno gioia, quando la mattina apro la finestra e li sento cinguettare, ma ho bisogno di loro veramente? Anche loro non è che mi sembrino utili!
Mangiano l’uva, il grano e tanti altri frutti che l’uomo coltiva. Infatti, bisogna ingegnarsi,  mettere lo spaventapasseri perché si tengano lontano dai campi, allora a cosa servono? Pensandoci un po’,  devo dire che quei raccolti, di cui l’uomo è tanto geloso, lo debba anche a loro. Gli uccelli si nutrono d’insetti e non solo, alcune razze contribuiscono all'impollinazione e a mantenere pulito il terreno dai topi, mi riferisco agli uccelli rapaci,oppure talpe che devastano gli orti e non sono le sole. Ma le talpe a cosa servono? Sono devastatrici e lasciano gallerie dietro di loro che possono far sprofondare i solchi dell’orto insomma non ne vedo l’utilità! Ma ecco che ripensandoci sento il pensiero di chi può trovare che le talpe siano a loro utili e che dicono:

" Le talpe forse a te non servono, ma per noi faine sì, siamo animali carnivori ed abbiamo bisogno di carne, i topi ad esempio, oppure le galline, insomma dobbiamo vivere!"

Già, devono vivere… tutto si fa per la vita, si ammazza anche pur di salvare la vita.
Che strano, uccidere per sopravvivere, anche l’uomo lo fa, ammazza le bestie e ne mangia la carne, come pure i vegetariani o vegani che non mangiano carne o qualsiasi cibo di provenienza animale, pensando così di non uccidere, ma non si rendono conto che comunque ammazzano una pianta, un piede di lattuga, una pesca, dei fagiolini e tantissime altre forme di vita, che servono per tenerci in vita. Se si pensa che la vita è solo quella animale ci sbagliamo e di grosso! L’errore si fa soltanto perché pensiamo che solo ammazzare un animale sia un atto atroce perché gli togliamo la vita, solo per vivere e versiamo il loro sangue, un liquido che  permette di vivere, anche noi umani, ma è così anche per le piante, un frutto, quando lo strappiamo dall'albero gli diamo la morte. Le piante sono dotate anch'esse d’intelligenza, di vita che scorre nelle loro foglie o fusto che sia.
Anche se la linfa non è di colore rosso, scorre comunque dalle radici al fusto e dal fusto alle foglie, proprio come il sangue nelle nostre vene. In fondo, la vita esiste dappertutto, anche là dove non pensiamo che ce ne sia, è vero, ma la vita esiste solo perché c’è la morte. per quanto paradossale possa sembrare è così perché la mia vita e quella degli altri, ha motivo d’essere, solo perché togliendo la vita le permettiamo di vivere?
Anche perché nutrendoci possiamo vivere per dare la vita a nostro turno e permettere così che tutti gli esseri viventi, piante comprese, possano assicurare la continuità della propria  specie.
L’uomo è un essere dotato di ragione, quante volte sentiamo questa frase? Mi direte tantissime volte. Sì tante, anche adesso sto ragionando, ma dove porta il mio ragionamento? Penso che la risposta l’abbia trovata qualche rigo più sopra: Morire per Vivere, la vita e la morte, due sorelle siamesi per le quali l’essere vivente si adopera per realizzarle,quando si nasce, e anche prima, siamo legati alla fatalità, alla morte, ecco! Questa è una ragione di vita, procreare per dare un senso alla nostra vita ed assicurare, dando la vita, anche la morte.L’una senza l’altra non hanno ragione d’essere. La morte vive grazie alla vita e la vita grazie alla morte, sono due realtà inscindibili che si rinnovano costantemente e puntualmente con la nascita e con la morte, un inizio e una fine due momenti della vita su cui si basa il tutto. Una, implica la sicurezza dell’altra, anche se i percorsi possono sembrare diversi hanno una identica fine e un identico inizio.
L’inizio genera la fine e la fine genera l’inizio, un interminabile ciclo che col ripetersi dà risposta alla domanda:Chi sono? Sono l’inizio e la fine, sono la continuità della vita, sono la goccia che viaggia da millenni nelle vene di tante altre vite e che spera continuare questo viaggio per nascere e morire per poi, ancora, rifiorire.  


21/09/2013 Anna Giordano