lunedì 3 gennaio 2022

IL VECCHIO E LA TERRA (Racconto)

 “Terra scura grassa e fertile, terra, che aratro taglia e zappa accarezza, compagna e amica che mai mi ha deluso…” 

Così diceva il vecchio Germano, quando l’autunno avanzava ed i campi dovevano essere arati per la semina per il lungo riposo invernale…

Germano sin da piccolo era vissuto nei campi, non c’era giorno che non toccasse oppure soltanto sfiorasse la terra… la sua terra, quella che l’aveva visto nascere.

Sì, perché lui nacque un 18 luglio di un anno che non ricorda più… in un campo di grano.

Immobile, disteso, come quel giorno guarda il cielo, dall'unica finestra.

Sotto di essa, il suo letto.

Sorride al sole che in quello stesso mese, di un anno dimenticato, l’ha baciato per la prima volta.

In attimi di lucidità racconta la sua storia, che ripetute volte ha già raccontato: la sua nascita fra le spighe di grano mature e la sua vocazione per la terra. 

L’ama, e dice:

 - È sempre stato tutto quel che ho posseduto, chissà alla fine chi è stato veramente posseduto, io o lei ?- 

Poi rivolgendosi al piccolo Germano, di appena 12 anni, con voce debole gli sussurra:

- Vedi piccolo mio, tu sei il germoglio ed io il ramo da segare, ormai nonno deve lasciare spazio a chi ha braccia forti, mi devo riposare, affido a te la mia terra, rendila con le tue mani, verde e rigogliosa, non l’abbandonare, ha bisogno d’amore, quanto una novella sposa, carezza le sue gemme in primavera e veglia che nessuno e niente distrugga i suoi germogli, proteggili affinché, essa, sia fiera d’essere la loro madre.-

Volgendo gli occhi alla finestra sorrise quasi rassicurato che, il piccolo avesse intuito la sua disperazione.

Lasciare la sua compagna di sempre, quella in chi ha riversato le sue gioie e dolori, la sua forza e delicatezza, quella per chi il sudore che aveva versato, ha sempre contraccambiato le sue fatiche e speranze con i frutti che il suo ventre ha nutrito, di cui le radici sprofondando, ne hanno succhiato il sangue, sì, quello della sua amata terra. 

Germano, un uomo forte.

La sua saggezza l’aveva appresa da essa e dal cielo, il suo guardiano; quando lo scrutava, gli parlava attraverso i segni che gli inviava, Germano riusciva a leggere nei suoi umori cangianti e capiva, che doveva proteggere lei dalla grandine che stava per arrivare, ancor quando il sole splendeva, fenomeno che i vecchi, durante la sua giovane età, gli avevano insegnato a deviarne il corso, chissà per quale magia, oppure amore per la sua amata, egli vi riusciva…

Il piccolo Germano, teneva la mano del nonno, mentre si era assopito, guardandolo lo accarezzò con la sua, che non era ancora da uomo e neppure più da bambino, una mano che nonostante il sonno, il nonno strinse delicatamente, lui sorrise e l’abbracciò, nell'orecchio, lasciò scivolare un candido:

- Va bene nonno conta su di me. –

Germano sorrise dolcemente e con la poca forza che gli restava passò la mano sulla sua guancia e aggiunse:

- Quando sarai solo con lei, raccontale il mio amore, liberala dalle prigioni di rovo, che la infestano insieme alla gramigna e non lasciano germogliare le sue gemme preziose, essa è buona e lascia spazio a tutti fino a farsi divorare, non permettergli di distruggersi per amore, fa che la sua bontà non sia carpita da erbe infestanti, tienila pulita, perché vesta sempre di smeraldi e topazi,

che la sua chioma possa cambiare ogni stagione, e dal suo aspetto tu possa capire che ti darà come a me ha dato, il suo amore in frutti…-

L’amore che il nonno nutriva per la terra che lui, il nipote, aveva visto solo come terreno e basta, aveva preso, con quelle parole, un altro aspetto.

Nel suo cuore ormai, albergava un sentimento di rispetto e gratitudine verso di essa, gli stessi che nel nonno si erano trasformati in amore.

 

Anna Giordano. 16/09/2007