giovedì 7 marzo 2019

Il destino di Teresa (In memoria delle vittime dei femminicidi)


                                                 

Capelli sciolti sulle spalle, lunghi, neri, ondulati, come veli al vento ombreggiavano il suo sguardo di fuoco, Teresa era bella da togliere il fiato. Filippo la vide, mentre guardava estasiata l’immensità del mare, e se ne innamorò.

Il loro amore sbocciò come una rosa, era di maggio, ed i profumi dei glicini e rose avvolgevano i giardini di Villa Cimbrone, situata a strapiombo sulle alture dei monti Lattari e l’atmosfera di sensuale carezza primaverile, contribuì a farli innamorare.

L'inizio fu da favola…
Filippo follemente innamorato copriva di doni e d'attenzioni Teresa.
Teresa amava perdutamente Filippo e faceva di tutto perché il sogno durasse…Fissarono la data del loro matrimonio: 16 luglio 1958…

Filippo, impiegato modello, in una banca, Teresa moglie perfetta. Tutto filava per il meglio.
Dopo sei mesi iniziarono i primi screzi, lui, marito innamoratissimo, ma influenzabile, lasciò che il dubbio s’insinuasse nei suoi pensieri, alimentato da discorsi volutamente architettati, da alcuni suoi colleghi, sulla fedeltà.
Teresa, era troppo bella per lui tutto solo, e la loro invidia li spingeva alla cattiveria, ed il dubbio cresceva, come il baco nella mela, scavando nel cervello di Filippo un tunnel senza uscita.

Filippo guardava Teresa con occhio indagatore, ogni volta che usciva, la madre di Filippo, la sorella oppure sua zia doveva accompagnarla.
Inizialmente, Teresa non s’era resa conto della sua gelosia morbosa, lei lo amava ed accettava tutto senza avere alcun dubbio sul suo amore.
Poi, le cose si complicarono: Filippo impediva a Teresa d’uscire se non che in sua compagnia.
Teresa iniziava ad avere paura della sua gelosia.
La notte, quando l’amava, la copriva prima di baci e poi la tormentava, le domandava se quei baci, fossero stati di un altro, come li avrebbe accolti?
La povera Teresa, se non rispondeva si rendeva colpevole e se rispondeva, sarebbe stata  la stessa cosa, perché le rinfacciava d’essere una bugiarda.
Così, Filippo la torturava e le infliggeva carezze amare, lasciandole i segni sul corpo, che cambiava colore di notte in notte…
Teresa copriva le sue scollature, le sue gambe con calze scure, non parlava più con nessuno, se non con lui, che col suo sguardo destreggiava il suo potere.
L’amore di Filippo trasformatosi in ossessione, gelosia morbosa alimentata dal dubbio, cresceva sempre più nella sua mente, lui le vietava di parlare con la sua famiglia, erano mesi che Teresa trovava sempre una scusa, per rifiutare le visite dei suoi cari.
Filippo l’amava, l’amava tanto, e poi l’odiava allo stesso tempo; i suoi colleghi, insinuando, alimentavano il suo dubbio, finché un giorno, all'improvviso, deciso, rientrò a casa, per cogliere sua moglie con l’amante inesistente.

Sì, la trovò con qualcuno, ma era solo la madre che, di nascosto, era andata a trovarla.
Filippo entrato in casa senza farsi sentire, ascoltò la madre che suggeriva a Teresa di lasciarlo, non le diede neppure il tempo di ribattere, che irruppe in cucina, puntando la pistola contro di loro. Gridarono scappando, Teresa aprì svelta la porta, terrorizzata corse giù per le scale, quando vide sua madre al suolo stramazzare. Filippo l’inseguiva con l’arma in mano puntata su di lei. Teresa correva, era tutta affannata, il destino infame, s’aggrappò alla maglietta che le copriva i lividi, s’impigliò alla ringhiera, quando quasi aveva raggiunto l’uscita…Filippo anche, la raggiunse…sparò tre colpi, e poi rivoltò l’arma contro la sua tempia, fermando quella corsa contro il dubbio, che annegò in una pozza di sangue rosso, come le rose a maggio, rosso come l’amore immenso, rosso come la follia di una  gelosia devastante.

Anna Giordano 15/07/2008


L'intolleranza è...



Razzismo, una realtà di cui si deve tener conto e non bisogna banalizzarne l'importanza. 
Basta guardarsi intorno per  vedere che cresce come l'erba infestante. Non parlo solo del razzismo riguardo il colore, no! Parlo del razzismo in quanto come oggetto di dissidi fra esseri umani, che pur essendo della stessa specie, nazione, regione, città, paese, famiglia, non si rispettano più ed alimentano atti d'intolleranza verso gli altri. 
Ogni giorno la cronaca ne è piena, partendo dal figlio che uccide un genitore, passando per lo stupro, il bullismo, l'inquinamento della vita, la violenza in generale e cosi via... Atti che cataloghiamo, distinguendoli gli uni dagli altri, con vocaboli che li differenziano, ma che comunque hanno un comune denominatore: l'intolleranza. 

Se si analizzano bene le ragioni degli atteggiamenti che inducono a un omicidio, un atto di bullismo, una qualsiasi cattiveria verso l'altro, verso la differenza, il diverso, compresi animali e natura, si scoprono aspetti d'intolleranza.
Analizzando la parola intolleranza, che vuol dire:
 Incapacità o impossibilità di sopportare tutto quel che differenzia sé stessi dagli altri. 
Ci si rende conto che la parola razzismo è un suo sinonimo, cioè qualcosa che dà fastidio, non tollerato, non accettato, non ammesso, qualcosa da eliminare, discriminare per le sue caratteristiche. 

L'intolleranza è quel vocabolo che utilizziamo nelle nostre azioni pur non nominandolo.

A partire dal nostro corpo, quando rifiuta alcuni cibi, manifestando la sua intolleranza a questi.
Il bambino che cresce in un ambiente intollerante alle differenze sociali, cresce con un senso di superiorità e d' intolleranza verso chi è stato meno avvantaggiato dalla vita. Come pure è lo stesso per chi nasce con problemi fisici, sono in molti a manifestare verso loro, un senso d'intolleranza che fa rima con differenza e per cui razzismo.

Eppure, non vogliamo ammetterlo di esserlo, camuffiamo la parola intolleranza dietro le scuse più  banali, pur di non sentirsi dire di essere razzisti; scuse che fanno di un razzista, per molti naïf, un eroe, che con il suo comportamento intollerante, per le fobie e le differenze, eguaglia il tutto in nome del giusto, che prende il posto sotto le mentite spoglie della tolleranza.
Ma cosa sia giusto o no, nessuno lo sa, poiché la giustizia dipende dall'uomo e l'uomo, in quanto essere umano, non saprà mai essere giusto fin quando non accetterà le differenze, quelle che ci permettono di essere unici, quelle che ci regalano la vita diversa, colorata, profumata,fiorita di dettagli, che ci distinguono, che ci rendono speciali, senza, faremmo una grande confusione, proprio come quella che in questo momento alimenta gli animi di tanti e li trasforma in una armata di robot che seguono coloro che hanno seminato nel loro spirito, nella loro vita l'intolleranza: una malattia che si presenta benigna e poi si rivela maligna, perché uccide la libertà di vivere le proprie differenze o meglio, le proprie qualità. 

"A forza d'essere intolleranti, finiremo per odiare anche noi stessi".

26/10/2018 Anna Giordano