sabato 18 marzo 2017

IL DENARO

 Il denaro è come la pietra filosofale, trasforma l'uomo e i suoi migliori aspetti facendo emergere quelli  cattivi. 
Molte volte, per non dire sempre, ne rivela i suoi peggiori lati oscuri. Trasforma i sogni in realtà, permette di sopravvivere, vero! Ma può anche trasformare l'amicizia in odio, l'amore in  interesse, la vita in inferno, la pace in guerra, la semplicità in opulenza, il povero in ricco, l'umile in superbo o il buono in cattivo. Dove c'è il denaro c'è ricchezza materiale, ma povertà morale. 
Trasforma, troppe volte,  in prepotenza e potere,  chi lo possiede ed apre le porte a tutte le iniquità; rende schiavo e dipendente chi lo tocca e, come droga, offusca la mente. 

Chi ne possiede crede che tutto sia possibile, tutto si possa comprare compreso i sentimenti che riesce a cancellare, come una gomma; dove passa il denaro tutto scompare, l'onestà  sovente diventa disonesta , il male diventa prefisso per tutte le parole che lo incontrano: 
malasanità, che per denaro trasforma sovente la professione onorata di un medico, in persona incurante e senza coscienza; il malaffare, i professionisti in denaro-dipendenti che costruiscono case ponti strade e tante altre opere senza il cemento. Sì, cemento come quello che dovrebbe saldare la fiducia dei poveri innocenti che, fidandosi, rimangono fregati o vittime della loro ingordigia  e così via, man, mano… come il giudice venduto, o il generale affiliato alla malavita. Come pure lo spacciatore che uccide tante vite innocenti e spende il suo sporco denaro bevendo, festeggiando, facendo vita agiata insieme ai propri boss; sfruttando i morti viventi per brevi tempi, poiché son sempre in cerca dei rimpiazzanti, giovani innocenti, a chi vendono la dose,  che cadono imperterriti nella loro trappola, pur conoscendone gli effetti letali, e non capisco il perché e né quale sia la ragione che l’induca ad assumere quella terribile e scheletrica signora, falciatrice di vite umane dal nome: Droga.

Giocatori d'azzardo che per bramosia di possedere sempre  più denaro s’impoveriscono, perdendo il poco o il molto che hanno e trascinano nel vortice distruttivo anche la propria famiglia.
Oppure il mal odorante denaro che induce le giovani ragazzine, cresciute senza valori o contagiate da questa società malata, a mettersi in vendita, volutamente, per diventare le schiave moderne del sesso, di un progresso latente. 
Per denaro si uccide, si truffa, si ruba, si timbra la presenza in sua assenza, si chiede l'elemosina ingannando, si fa la cresta sul peso della spesa alla vecchietta, si uccidono i genitori, nonni e bambini. Il denaro:  lo sterco del diavolo, una definizione appropriata perché sovente, sporca chi lo tocca trasformandolo a sua sembianza.
 Allora sorge in me la solita domanda: Perché?

Perché non contentarsi di quello che si ha, senza che ci si sporchi di assidua mal onestà, che bussa con insistenza per entrare in ogni vita, promettendo agi e ricchezze in cambio della pace.
C’è anche chi di soldi ne ha perché ha lavorato onestamente, e c’è anche chi  divide la sua ricchezza con chi non è agiato o versa nella miseria assoluta. Per molti,  i soldi, e per fortuna, sono soltanto un mezzo di sopravvivenza, senza strafare e cadere nell'opulenza sfrenata dell’egocentrismo, quella che rende insensibili e ciechi verso le altrui vite.
Ma ancora una volta, per fortuna, esistono persone che onestamente lavorano e trasformano, lavando, il denaro sempre maleodorante, col sudore della propria fronte, l’unico detergente che lo profuma d'onestà; anche se, quello stesso denaro, purtroppo girando di mano in mano, ricade nel giro infernale di mani poco pulite e ridiventa infestante, contagiando la vita di chi si crede immortale e cerca d’accumularne con qualsiasi mezzo, dimenticando che l’orologio della vita prima o poi si fermerà.


19/02/2017  Anna Giordano

mercoledì 1 marzo 2017

INTROSPEZIONE: CHI SONO?



Chi Sono?
È una domanda che spesso mi pongo e che volgo anche al plurale, chi siamo?
Siamo quello che ci aspettavamo d'essere secondo le nostre aspettative?
Oppure siamo quello che, malgrado, le nostre aspettative non siamo riusciti ad essere?
Sembra facile dire di sé quel che si è, ma la cosa si complica perché viviamo in uno stato di continua evoluzione che dipende non solo da sé, ma anche dagli altri, visto che la specie umana vive in comunità e dalla quale si attingono riflessi e riflessioni,  quando, soprattutto gli altri,  non hanno una visione giusta della tua persona. Spesso dicono di te quel che tu non sei, ma quello che loro pensano che tu sia, distorcendo la vera immagine di ciò che sei.
Quindi è difficile, se non altro, perché comunque gli altri, influenzano chi li ascolta.
In passato, devo ammettere e dire, che mi hanno condizionata, me malgrado, a pormi delle domande, sovente alle quali  non ho trovato risposta.
Oggi per non dire dieci anni fa, anno più anno meno, mi sono dedicata alla scrittura, anche se da sempre nutrivo passione per lo scrivere e avevo in mente di fare questo passo, mi ci è voluta una vita per farlo. Già, c'è voluto tanto tempo, prima di ascoltare soltanto me stessa e, per una volta, senza tenere conto degli altri.
Deformazione ricevuta da una educazione rigida? Forse!
Oggi scrivo romanzi, racconti, poesie, pensieri e, fra tante altre cose, è quello che più mi piace fare, ma ciò non vuol dire che debba escludere dalla mia quotidianità il dedicarmi ad altro, no, sono troppo innamorata della vita e non posso non scoprirla nelle sue peculiarità poiché, come lei, sono poliedrica, perché nella diversità nasce e si scopre la vita in tutte le sue sfaccettature.
Vita di un pensiero, di un sogno, di un’azione… ma poi, ad un tratto, di tanto in tanto, ricado nella domanda: Chi sono?
È una domanda che frequente  riemerge dal fondo in cui l’ho parcheggiata e nei miei pensieri primeggia un'idea, dicendomi che scoprendo me, scoprirò forse gli altri.
Anche questo è un pensiero ricorrente ed è forse la mia ossessione di capire chi sono, da dove sono arrivata, la vita è un caso? Che mi fa persistere in questa direzione.
La verità? Non la so!
Dicono che il caso faccia bene le cose, ma la mia nascita è parte del caso? È stata giusta? Cosa sono venuta a fare in questo mondo? Potrei rispondere, ancora una volta: non lo so, ma provo comunque a cercarne il bandolo della matassa…
Dunque, se sono oggi qui, deve pur esserci una ragione, poiché credo che la casualità sia relativamente casuale.
Abbiamo tutti un compito ben specifico, anche se passiamo un’esistenza a domandarci quale sia il proprio, a volte penso che la vita possa essere paragonata a un gioco del quale siamo le pedine, mosse da una mano sconosciuta che c’induce a fare passi di cui non ne conosciamo il risultato.
Ma, come tutte le cose, se ne analizziamo i loro perché, forse,  riusciamo a trovare la spiegazione.
Ad esempio la mosca, a cosa serve una mosca? Quando sappiamo che sono fastidiose, portatrici di germi, insetto che all'uomo non serve a niente poiché dannosa per la natura, quando depone le sue uova nei fiori dei frutti. Inutile tormento in estate, quando il caldo appiccicoso le fa volare e ronzare nelle orecchie durante la siesta pomeridiana, rendendola una vera tortura.
È vero, direi che non servano assolutamente a niente!
All'uomo! Risponderebbero gli uccelli, che si nutrono anche di mosche e non sono i soli.
Sì ma gli uccelli a cosa servono? Anche se devo ammettere che mi danno gioia, quando la mattina apro la finestra e li sento cinguettare, ma ho bisogno di loro veramente? Anche loro non è che mi sembrino utili!
Mangiano l’uva, il grano e tanti altri frutti che l’uomo coltiva. Infatti, bisogna ingegnarsi,  mettere lo spaventapasseri perché si tengano lontano dai campi, allora a cosa servono? Pensandoci un po’,  devo dire che quei raccolti, di cui l’uomo è tanto geloso, lo debba anche a loro. Gli uccelli si nutrono d’insetti e non solo, alcune razze contribuiscono all'impollinazione e a mantenere pulito il terreno dai topi, mi riferisco agli uccelli rapaci, oppure talpe che devastano gli orti e non sono le sole. Ma le talpe a cosa servono? Sono devastatrici e lasciano gallerie dietro di loro che possono far sprofondare i solchi dell’orto insomma non ne vedo l’utilità! Ma ecco che ripensandoci sento il pensiero di chi può trovare che le talpe siano a loro utili e che dicono:

" Le talpe forse a te non servono, ma per noi faine sì, siamo animali carnivori ed abbiamo bisogno di carne, i topi ad esempio, oppure le galline, insomma dobbiamo vivere!"

Già, devono vivere… tutto si fa per la vita, si ammazza anche pur di salvare la vita.
Che strano, uccidere per sopravvivere, anche l’uomo lo fa, ammazza le bestie e ne mangia la carne, come pure i vegetariani o vegani che non mangiano carne o qualsiasi cibo di provenienza animale, pensando così di non uccidere, ma non si rendono conto che comunque ammazzano una pianta, un piede di lattuga, una pesca, dei fagiolini e tantissime altre forme di vita, che servono per tenerci in vita. Se si pensa che la vita è solo quella animale ci sbagliamo e di grosso! L’errore si fa soltanto perché pensiamo che solo ammazzare un animale sia un atto atroce perché gli togliamo la vita, solo per vivere e versiamo il loro sangue, un liquido che  permette di vivere, anche noi umani, ma è così anche per le piante, un frutto, quando lo strappiamo dall'albero gli diamo la morte. Le piante sono dotate anch'esse d’intelligenza, di vita che scorre nelle loro foglie o fusto che sia.
Anche se la linfa non è di colore rosso, scorre comunque dalle radici al fusto e dal fusto alle foglie, proprio come il sangue nelle nostre vene. In fondo, la vita esiste dappertutto, anche là dove non pensiamo che ce ne sia, è vero, ma la vita esiste solo perché c’è la morte. per quanto paradossale possa sembrare è così perché la mia vita e quella degli altri, ha motivo d’essere, solo perché togliendo la vita le permettiamo di vivere?
Anche perché nutrendoci possiamo vivere per dare la vita a nostro turno e permettere così che tutti gli esseri viventi, piante comprese, possano assicurare la continuità della propria  specie.
L’uomo è un essere dotato di ragione, quante volte sentiamo questa frase? Mi direte tantissime volte. Sì tante, anche adesso sto ragionando, ma dove porta il mio ragionamento? Penso che la risposta l’abbia trovata qualche rigo più sopra: Morire per Vivere, la vita e la morte, due sorelle siamesi per le quali l’essere vivente si adopera per realizzarle, quando si nasce, e anche prima, siamo legati alla fatalità, alla morte, ecco! Questa è una ragione di vita, procreare per dare un senso alla nostra vita ed assicurare, dando la vita, anche la morte. L’una senza l’altra non hanno ragione d’essere. La morte vive grazie alla vita e la vita grazie alla morte, sono due realtà inscindibili che si rinnovano costantemente e puntualmente con la nascita e con la morte, un inizio e una fine due momenti della vita su cui si basa il tutto. Una, implica la sicurezza dell’altra, anche se i percorsi possono sembrare diversi hanno una identica fine e un identico inizio.
L’inizio genera la fine e la fine genera l’inizio, un interminabile ciclo che col ripetersi dà risposta alla domanda: Chi sono? Sono l’inizio e la fine, sono la continuità della vita, sono la goccia che viaggia da millenni nelle vene di tante altre vite e che spera continuare questo viaggio per nascere e morire per poi, ancora, rifiorire.  


21/09/2013 Anna Giordano

mercoledì 8 febbraio 2017

L’haiku


L'haiku è un genere di poesia "non finita" la filosofia che la contraddistingue ha per scopo di sedurre e indurre il lettore  a poterla terminare nel suo cuore. 
I poeti di haiku contemporanei scrivono poesie in forma di brevi versi di tre parole o anche meno e poi ci sono altri che allungano l'haiku di qualche sillaba uscendo dalla regola stretta per il numero di more o sillabe cioè: 
cinque, sette, cinque che distingue l'haiku da altre forme poetiche.

L'haiku deriva da "hakai no renga", una poesia di gruppo collaborativo  composta da  un centinaio di versi. L'"hokku", oppure verso iniziale, queste piccole poesie indicavano la stagione e contenevano una parola che tagliava e ancora oggi in Giappone ci si attiene a questa tradizione ed è il paese in cui è nata questa forma poetica che, fra l'altro, nacque come gioco di gruppo; consisteva nel dovere mettere insieme tre versi composti da more e non sillabe. Le more indicano per l'appunto la lunghezza del suono dovuto alle vocali contenute nei versi.
Apro una piccola parentesi a riguardo delle more, se non altro per meglio assimilarne il concetto.
L’haiku essendo stato adottato da tanti altri paesi, le more sono state, diciamo: tradotte o meglio, sono state sostituite  dalle sillabe, ma solo per una ragione di fonetica poiché da una lingua all'altra cambia il suono e per unificarne la regola, in occidente si usano le sillabe.
Ciò detto, un haiku può anche essere composto con qualche variante dovuta al numero di sillabe. Gli haiku normalmente hanno per tema solo ed unicamente tutto ciò che riguarda la natura e su tutto le stagioni, ma anche questo non è più così, poiché in occidente è stato esteso a tutti i temi, il che, ha tolto a questa forma poetica un po' della sua magia. Inoltre, anche se ci fosse ancora tanto da dire, concludo dicendo che ogni singolo haiku non ha titolo poiché è un pezzo di una poesia che durante il gioco si aggiungeva a tutti gli haiku messi insieme per formare una sola poesia composta da un centinaio di haiku.
  
L'haiku è una poesia "bonsai" che, malgrado la sua piccola taglia, racchiude in sé tutto un mondo.

Anna Giordano

Ecco alcuni  miei haiku:


Canto d'uccelli                                     
 s'adagia nel cuore                                 
 è primavera. 

 Dal sasso fesso
 grandioso spunta                                         
 un ciclamino.

La rana canta 
e la luna l'ascolta 
stagno d'aprile.

L'alba risveglia  
i fiori in silenzio
ronzio di api. 

Sbadiglia l'alba
Corolle dischiuse
Battito d'ali.

Tacita l'alba 
celebra le nozze tra
notte e giorno.

un fiordaliso
soave profumo di
Festa estiva.

Sul ciglio della sera                              
lascio i miei pensieri                           
alla luna 

Anna Giordano











martedì 15 novembre 2016

LA NASCITA DI UN GIORNO

  
Il cielo inizia pian piano il suo travaglio
per partorire il giorno .

Gocce di colori scivolano nel mare,
nuvole di cotone asciugano la sua fronte. 

Gronda il sudore e il sole preme all’orizzonte.

Il cielo esplode in sfumature di rosa
che vanno dal viola al porpora dorato
e sul lampione si posa, 
anche esso estasiato,
un piccione

per condividere con me la meraviglia
di una natura che generosa
si offre al nostro sguardo,

mentre, 
un silenzioso vagito di luce irrompe
e annuncia la nascita
del nuovo giorno.
                                                               Anna Giordano




















                     Anna Giordano 

martedì 4 ottobre 2016

ESODO ( In ricordo di tutte le vittime nel mediterraneo)

                                                 

      Assisto all'esodo, 
      impotente,
      trafitta dalle immagini ...

      Il cuore non ha più lacrime da piangere
      per i fratelli d'Africa perduti.
      Il mare è diventato un campo di battaglia,
     dove si lotta per la sopravvivenza,
     mentre famelica, la massa liquida,
     ingurgita i corpi 
     e copre col suo lenzuolo azzurro
     il riposo eterno.
     E tutto sembra lavato
     e tutto sembra pulito
     e tutto sembra normale!
     La vita continua a scorrere… 
     navigando sul sangue umano.


     Anna Giordano 06/02/2016

domenica 25 settembre 2016

TERRA 'E 'STU CORE


All'intrasatta, doje voce cantano Surriento. 

Dint''all''aria 'a melodia se spanne…
m’arape 'o core ‘sta terra 'e sole
ca daje calore e alleria all'anema,
pure si ll'uocchie chiagnene.
 
'Sti voce parlene,
 dicenne  a chi è partuto:
" Torna, 
'e chistu mare e 'sta terra,
tu nun t'e può scurdà!"

A senzazione è forte
e 'o core s'è arrevutato, 
'sta musica ha scetato
ricuorde che durmevano…
 'So 'e stesse note,
ca sunaveno d'int'all'aria
‘e nu tiempo passato,

 e 'e voce ch’‘e cantaveno
erano 'e mamma e papà'. 

Dio mio
,
me se so’ abbruzzulite ‘e carne
 e 'o friddo m'attraversa… 
Songo turnata a 'sta terra ca,
nun voglio e nun me pozzo scurdà!

_____________________ Anna Giordano 14/09/2016
Origini.

All’improvviso, due voci cantano Sorrento.

La melodia nell’aria si diffonde…
apre il mio cuore questa terra di sole
che dà calore ed allegria all’anima,
anche se gli occhi piangono.

Queste voci parlano,
dicendo a chi è partito:
“Torna, di questo mare e questa terra
non poi dimenticarti”.

La sensazione è forte
e il cuore è in subbuglio,
la musica ha svegliato ricordi che dormivano …
sono le stesse note che suonavano
nell’aria di un tempo passato,
e le voci che cantavano
erano di mamma e papà.

Mio Dio, le carni s’accaponano
e il freddo m’attraversa…
Son tornata in questa terra

che non voglio e non posso dimenticare!

martedì 13 settembre 2016

TRE STELLE 'E MARE (POESIA napoletana)

Tre  stelle,
carute 'nterra,

cercaren''angulo  addò putè brillà.

Girareno po' munno senza tregua e
a  Napule se jettere a fermà. 
 
Vedenn''o mare azzurro e 'o sole ca lluceva,
scagnareno quill'angulo pe' 'o cielo.

Tre stelle a mmare: 
Procida, Ischia e Capri,
ancora brillano d''a bellezza loro,

e quanno ll'uocchie
se posano  ncopp''a 'sti tesore,

se bagnano e luceno
cu 'a stessa 'ntensita' d''e stelle 'ncielo.   

Anna Giordano

Poesia scritta sul traghetto il 28/08/2016 al rientro dalla vacanza ad Ischia)
             
                                        
Ischia Vista dal Castello

Vista sempre dall'interno del Castello
Panorama che si gode dal Castello


Panorama 
Traduzione: 

Tre stelle di mare

Tre stelle, cadute in terra,
cercarono un angolo dove poter brillare.

Girarono il mondo senza tregua
e a Napoli si andarono a fermare.

Vedendo il mare azzurro e il sole che brillava,
confusero quell'angolo col cielo.

Tre stelle in mare: Procida, Ischia e Capri,
brillano ancora della loro bellezza,
e quando gli occhi si posano su quei tesori,
si bagnano e luccicano
con la stessa intensità 
delle stelle in cielo.


Anna Giordano