IL REGNO DEL NULLA
C'era una volta un regno, dove tutto sembrava inutile e vuoto. Il re che lo
governava era sempre assente e i suoi sudditi non producevano niente.
I terreni erano infertili,
abbandonati sin anche dalle erbacce, era un luogo insolito, quanto
inconsistente, per non dire nullità di tutto il creato.
Un giorno arrivò, da un altro regno
contiguo, un contadino, che pur non conoscendo il posto si fermò per vendere i
suoi raccolti; sperando di ricavarne un bel gruzzoletto per la sua famiglia, ma
quando entrò nel regno a lui sconosciuto, fu sconcertato nel vedere che i terreni
erano privi di raccolto, così come pure le pendici dei monti senza alberi,
sprovveduti sin anche di un minimo arbusto o filo d’erba.
Non era per niente rassicurante quel
che si apriva al suo sguardo. Proseguendo il suo cammino giunse in un luogo che,
secondo lui, non lontano da lì ci sarebbe dovuto essere il castello, poiché vi
era qualche persona seduta qua e là per terra, senza far nulla.
Il contadino fu incuriosito da
quella assenza di vita che avvolgeva quel luogo, tanto che si avvicinò al primo
uomo che incontrò per domandare dove fosse situato il castello, l'uomo lo
guardò come se non sapesse di cosa stesse parlando e rispose:
-
il castello? Cos'è un castello? -
Il contadino lasciò perdere senza
spiegare e si diresse verso un'altra persona, alla quale pose la stessa
domanda, pensando che la persona precedente non fosse mentalmente in grado di
rispondergli.
Ma anche questo secondo uomo gli
rispose con la stessa domanda del primo:
-
il castello?
Cos'è un castello? –
Il contadino si rese conto che quel regno, nel quale pensava di trovare, magari, la
sua ricchezza essendo a lui sconosciuto, non prometteva quanto si era
immaginato.
Egli pensava che potesse diventare luogo di scambio o vendita
di merci, invece si accorse che era un regno strano, di cui non aveva mai
sentito parlare e ragione per la quale, sicuramente nessuno conosceva.
Stanco del suo peregrinare e di porre domande, il contadino si
sedette vicino all’ultima persona che aveva interpellato e non gli aveva dato risposta,
se non quella che era uguale alle altre, senza poter soddisfare la sua
curiosità di sapere dove si situasse il castello.
Così, aprì la sua bisaccia in cui sua moglie aveva messo del
cibo ed estrasse, così come fa il mago dal suo cappello il coniglio, una forma
di formaggio dal forte odore di pecora, che adagiò su un tovagliolo, sotto lo
sguardo attento delle persone a lui vicino.
Immerse di nuovo la mano nella bisaccia e tirò fuori un pane
odoroso e croccante, che questi adagiò accanto al formaggio, e così via
continuò ad apparecchiare il suo improvvisato desco.
L’uomo che stava
seduto proprio accanto a lui lo guardava incuriosito da tutto quel che aveva
tirato fuori dalla bisaccia e quando vide che aveva tagliato il pane ed una
bella fetta di formaggio, fu ancora più sorpreso di vedere che il contadino lo
portò alla bocca e con i denti tagliò sia il pane che il formaggio facendone un
solo boccone. L’uomo lo guardava di più in più stupito, poiché in quello strano
regno nessuno usava la bocca e né tampoco i denti.
Il contadino sentendosi osservato alzò il capo; non si era
accorto che intorno a lui si era formato un cerchio di persone che, curiose,
lo guardavano mangiare, azzannare, masticare tutto quel che portava alla bocca
e che inghiottiva e facendolo sparire all’interno della bocca, cosa che
lasciava gli altri stupefatti.
Egli, un po’impaurito dagli sguardi delle tante persone che
gli stavano intorno, domandò loro se volessero assaggiare quel che stava
mangiando, ma le persone lo guardarono con diffidenza, chiedendosi perché
facesse quei gesti, a loro sconosciuti, con la bocca.
Il povero contadino li guardò uno per volta e lesse nei loro
occhi lo stupore.
Pensò di domandare loro perché lo guardassero a quel modo e
quando pose la domanda, tutti iniziarono a fare domande come:
-
Ma tu da dove vieni? Cosa stai mettendo in bocca?
Cosa è quel sasso bianco, qui non ne abbiamo mai visto uno così? Cosa è quella
cosa che tagli così a pezzi? –
Così, man mano ognuno domandava quel che gli sembrava
strano, fin quando il contadino li fermò gridando:
-
EHI, EHI!!
Calma uno per volta vi dico tutto! Ma prima ditemi dove sono, come si chiama
questo regno?
Le persone ancora una volta lo
guardarono sorpresi per la domanda loro posta, si guardarono in faccia e
risposero con una alzata di spalle, come per far capire al contadino che non lo
sapevano o non capivano a cosa si riferisse la sua domanda. Il contadino si
rassegnò ed aggiunse:
- Va bene ho capito! Diciamo che questo è il regno del Nulla!
Tutti lo guardarono con aria di chi
non ha capito niente. Così il contadino con pazienza iniziò a rispondere alle
loro domande come promesso.
-
Bene, questa
è una forma di formaggio, che io e mia moglie produciamo nella nostra fattoria.
A tale parola tutti in coro dissero:
-
Fattoria? Ma cos’è la fattoria?
Il contadino sgomento si grattò la
testa pensando a come avrebbe fatto a spiegare loro cosa fosse una fattoria e
per non prolungarsi in discorsi inutili, poiché nessuno aveva idea di come si vivesse
nel suo territorio, tagliò corto dicendo loro che era troppo difficile e lungo
da spiegare ed aveva fame. Alla parola fame di nuovo tutti dissero in coro:
- Fame? Cos’è la fame? –
Il contadino disse fra sé e sé: “ma
questi da dove sono usciti e come fanno a vivere?”
Così ad alta voce aggiunse:
- Ma la fame è una sensazione che tutti
abbiamo quando non abbiamo mangiato dopo una giornata di lavoro!
- Mangiato, lavoro? -
Dissero tutti in coro e prima che continuassero il contadino gridò:
- Alt! fermi so già cosa state per
dire e lo dico io:
- Ma cosa è mangiare? Lavoro? -
Tutti lo guardarono allibiti ed in coro dissero:
- Ma come hai fatto ad indovinare? –
Il contadino divertito dalla loro
ingenuità disse:
- Beh, non è così difficile dite
sempre che non sapete nulla di quel che io dico ed è normale
intuire
cosa avreste potuto domandarmi, tutto qua, è normale amici!
- Amici? - Dissero ancora una volta
in coro. –
- Ah! Ci risiamo, se continuiamo così finirò
per non mangiare più! Il mio stomaco,
vedete è qui dentro. -
Ed indicò con la mano lo stomaco.
-
Non
domandate più cos’è perché è vuoto, cioè non ha nulla all’interno è come il
vostro regno e devo metterci
questo buon formaggio ed il pane, altrimenti posso morire!
- Morire? –
- Sì morire, stramazzare a terra e non mi alzo più! –
Gridò stizzito il contadino, che di
più in più stava scoprendo quel luogo e i loro abitanti davvero bizzarri, che
non mangiavano, non bevevano, in più non conoscevano la morte, quando tutto il
regno era morto! Pensò che stesse impazzando, non era possibile una tale cosa.
Ipotizzò sin anche che fossero dei fantasmi, ma si dovette ricredere poiché i
fantasmi non erano di carne e ossa.
A quel punto decise di porre delle
domande alle persone che lo guardavano in attesa di una spiegazione. Il
contadino guardò tutti e facendosi coraggio domandò:
- Chi è il più vecchio in questo
regno?
- Il più vecchio? – Dissero in coro.
- Oh! Non ditemi che non sapete la
vostra età!
- Età? –
- Ma come vivete? –
Disse il contadino senza rispondere
alle loro domande e aspettandosi un’altra esclamazione da parte loro. Si
accostò ad uno di loro gli prese la mano e con la punta del coltello gliela
punse. Il tipo lo guardò e domandò cosa stesse facendo, e il contadino gli
rispose che voleva vedere se la sua mano sanguinasse, cosa che a sua sorpresa
non era accaduto. Allora rivolse il coltello sul suo dito e lo punse, al che iniziò
a sanguinare. Tutti in coro dissero:
- Cos’è quello?
Il contadino rispose che era sangue e loro:
- Sangue? Noi non abbiamo sangue! –
Il contadino disse:
- Sì, me ne sono accorto e penso che
non avete nulla in comune con me ed i miei simili.
Voi appartenete a questo regno
dove tutto esiste senza esistere, voi siete la copia conforme
degli esseri umani, ma non siete
umani e non fatemi altre domande perché non arrivereste a
capire quali siano le differenze perché siete
allo stato iniziale, avete solo le parvenze
dell’essere umano, ma siete vuoti,
voi appartenete al regno del nulla.
Mi dispiace che nessuno di voi
sappia cosa vuol dire vita e morte, non avete mai visto
nascere un fiore, qui non ci sono colori,
avete tutti gli stessi colori di occhi capelli, vestiti!
Guardate me come se fossi un
fenomeno, saltimbanco o un giullare. Già! vi sto parlando
di cose che non conoscete ma
vorrei tanto che vedeste il posto in cui io vivo affinché vi
rendiate conto di cosa sia la
vita, quella che un giorno dobbiamo lasciare per
sempre perché moriamo. Invece, voi
siete condannati a vivere in un posto per sempre, dove
non c’è niente di bello di cui poter goderne
le bellezze per la vita intera.
Trovo che questo sia ingiusto per noi e per voi!
Tutti ascoltavano senza dire alcuna
parola, quando uno di loro si avvicinò a lui e gli prese la mano guardò il dito
insanguinato e prese dalla tasca una pietra la passò sulla piccola ferita ed il
sangue sparì, così pure la ferita.
Il contadino si spaventò e si
domandò cosa stesse facendo, non aveva voglia di diventare come loro.
L’uomo lo guardò fisso negli occhi e
come ipnotizzato, il contadino lo seguì.
L’uomo lo portò per mano sopra un’altura
e di lì gli fece cenno di guardare oltre le montagne e aprendo la bocca per la
prima volta, domandò lui di riferirgli quel che vedeva.
Il contadino si sfregò gli occhi e
attento guardò oltre le montagne, ma non riuscì a vedere granché; se non altro
che delle rocce, tutte dello stesso colore e, senza dire niente, continuò a
scrutare l’orizzonte, ma l’uomo sollecitò una risposta e lo invitò a guardare
più attentamente.
Allora il contadino temendo l’uomo, riferì
che stava vedendo qualcosa che non riusciva a capire cosa fosse.
L’uomo insistette e lo invitò a
guardare ancora e di vedere veramente quello che c’era.
Il contadino si stropicciò gli occhi
ed iniziò a raccontare quel che non vedeva, se non altro con la fantasia, per
paura che l’uomo si arrabbiasse. Così rispose che vedeva un villaggio con
alberi pieni di fiori colorati, delle belle fanciulle davanti alle loro case,
dei bambini e tantissime altre cose che lui in verità non vedeva. Ad un tratto
l’uomo lo fermò e disse:
-
Se tu vedi
tante cose perché io dovrei credere in quello che tu racconti alle persone che
ti hanno posto tante domande e alle quali tu non hai dato risposta? So
benissimo che al di là di quelle montagne non si vede niente, ma era per
metterti alla prova che non ci stavi raccontando la verità, così come hai fatto
adesso. -
Il contadino lo interruppe e disse
che aveva paura che lui avesse potuto bastonarlo e temeva per la sua vita,
sarebbe potuto morire.
L’uomo rispose di non sapere cosa
fosse la morte, così come tutto quello che aveva raccontato loro.
Il contadino allora lo invitò a fere
il viaggio di ritorno insieme a lui, al suo villaggio, per fargli vedere che
diceva la verità.
L’uomo lo scrutò e disse che anche
lui aveva paura di seguirlo. Al che il contadino replicò:
-
Paura? Non
hai detto che non sai cosa sia la morte? La morte è la sola cosa che può far
paura veramente, ma se voi non avete sangue nelle vene, nel corpo, non
rischiate di morire, cosa può farti paura? –
L’uomo lo guardò e disse che era
felice di starsene tranquillo tutto il giorno là in quel luogo che lui trovava
brutto.
Il contadino incuriosito ancora di
più tentò di farlo parlare del loro modo di vivere.
L’uomo capì la sua intenzione e
zittì.
Ritornarono al gruppo che avevano
lasciato per il breve tempo. Curiosamente li trovarono che stavano assaggiando
il formaggio del contadino, e tutti facevano smorfie di disgusto.
Al che il contadino disse:
- Non vi piace? – Ed in coro dissero:
- Cos’è: non vi piace? –
- Ricominciamo! –
Ribadì il contadino rivolgendosi
all’uomo. Ma l’uomo rispose:
-
Noi non
abbiamo mai mangiato e mai bevuto ed è normale che mettere qualcosa in bocca
provochi disgusto. –
-
Ma come fate a vivere? – Replicò il contadino.
L L’uomo rispose:
- Noi siamo differenti, siamo
pur non essendo.
- Non essendo cosa? Voi siete,
vi vedo, vi tocco! –
Rispose il contadino.
Per lui tutto quel che stava vivendo
era anomalo e voleva sapere di più su quelle strane persone e perché mai
nessuno, al suo villaggio, non ne aveva mai parlato? Era il solo ad essere
entrato in quel regno? Oppure nessuno ne aveva mai parlato per non farsi
deridere ed essere trattato da folle, poiché il tutto era inverosimile.
Doveva sapere, non poteva rientrare
e non portare nulla a casa senza dare una spiegazione credibile di quel che
stava vivendo.
Per cui ribadì dicendo all’uomo che
lo aveva accompagnato a vedere le montagne poco prima, di seguirlo e chi voleva
poteva aggregarsi a loro per mostrargli il regno in cui lui viveva. Solo così
sarebbe stato creduto.
L’uomo, alla proposta fattagli dal
contadino desistette ancora una volta ripetendo che non si fidava di lui e che
non voleva cambiare il suo modo di vita.
Il contadino guardando il dito, che
aveva fatto sanguinare per dimostrare loro la differenza, si ricordò del gesto
dell’uomo che con la pietra aveva cancellato la ferita e arrestato il
sanguinamento. Tentato dalla curiosità domandò all’uomo il perché del suo
gesto.
L’uomo rispose che lo aveva fatto
per dimostrargli che loro erano gente pacifica e che i loro antenati avevano
smesso di far colare sangue ormai da millenni e che avevano fatto un patto che
nessuno mai avrebbe versato sangue su quel suolo, per cui aveva solo rispettato
il patto dei suoi antenati. Il contadino udendo tali affermazioni s’incuriosì
ancora di più e l’uomo, secondo lui, sapeva molto più di tutti gli altri e la
curiosità lo spingeva sempre più a porre domande, però pensò di farlo in
separata sede e al tempo giusto; così per non indispettire l’uomo di cui non
sapeva il nome, si fece coraggio e riprese la spiegazione del formaggio. In tal
modo l’uomo non poteva dire che quel che vedeva non fosse vero. Salì su un
sasso e sopraelevandosi a cospetto degli altri, attirò la loro attenzione
dicendo:
-
Bene ora
cerco di spiegarvi cosa è quello che avete assaggiato e sputato. Come vi ho già
detto è il formaggio, al mio villaggio tutti lo mangiano, si fa col latte, una
sostanza bianca liquida, che noi facciamo cuocere sul fuoco in una grande
pentola e con l’aggiunta…
Il contadino si fermò di colpo, capì
che era inutile continuare a parlare, tutti lo guardavano in modo strano come
fino a quel momento non era ancora accaduto. Ebbe l’impressione che non
ascoltassero la sua voce, ognuno tendeva l’orecchio per percepirne il suono che
evidentemente non riuscivano ad udire.
Sì, era proprio così, egli
interpellò uno di loro ponendogli la domanda se ci sentisse e questi continuò a
guardarlo come per dire cosa stai dicendo. Ma ancor più strano era il fatto che
nessuno più muoveva le labbra o apriva la bocca. Allora il contadino guardò
l’uomo che gli stava accanto e domandò a lui cosa stesse accadendo. L’uomo lo
guardò fisso negli occhi e senza parlare trasmise il suo pensiero al contadino
dicendo:
-
Ho ordinato
loro di non ascoltare le tue parole. Tu sei per noi un pericolo perché voi
altri siete mortali e noi no. Loro sarebbero contaminati se gli abitanti del
tuo regno venissero a sapere di noi e potrebbero diventare come voi altri. A
noi non interessa quel che voi avete, i miei antenati hanno rifiutato tutto il
tuo mondo, i tuoi modi di vivere pur di starsene in pace in questo luogo fuori
dal tutto.
Non ho
intenzione di seguirti e non voglio che uno di noi esca da questo regno perché
sarebbe la fine per tutti noi.
Tutto
ritornerebbe come migliaia di anni fa, quando la bellezza invadeva queste terre
allora rigogliose e il sole, i fiori, le piante erano presenti, qui scorreva un
fiume, che fu l’inizio di una disputa che generò una guerra fratricida, quella
di due fratelli entrambi regnanti uno dalla sponda opposta del fiume e l’altro
dal lato dove noi siamo.
La guerra
generò morti in quantità e le acque del fiume divennero sangue.
La gente non
aveva più da mangiare e né bere, così mio nonno, sì mio nonno, poiché io sono
immortale e la mia gente ugualmente, pregò il suo Dio e domandò lui di privare,
tutti i superstiti di quella sanguinosa guerra, di ogni bene e di ogni
sentimento o desiderio alcuno, privarci di tutto quel che ci aveva dato e che
non avevamo saputo apprezzare a causa dell’invidia, del potere e la ricchezza,
di lasciarci vivere in eterno rendendo inospitale i luoghi a chiunque capitasse
da queste parti e non destasse in noi desiderio di ritornare a vivere come
prima.
La sua
richiesta fu accettata contro la sua vita ed eccoci qua a vivere in eterna pace
lontano da tutte le tentazioni, cancellando dalle nostre memorie il passato
eccetto me, perché potessi essere il loro custode, il re del regno che tu hai
definito come quello del Nulla.
Il contadino aveva ascoltato quasi
pietrificato quella storia tanto che voleva porre delle domande ma non ci
riusciva. Prese tutto il fiato che gli si era bloccato in gola e disse:
-
Ma allora io
non potrò neppure raccontare quanto mi hai appena rivelato ai miei amici o mia
moglie?
-
No,
assolutamente, mai! – Replicò l’uomo,
sempre e solo telepaticamente.
-
Ma allora,
cosa dirò della mia assenza come mi giustificherò?
-
Come tutti loro che sanno di noi e non hanno mai detto nulla.
-
Allora sono
già venute altre persone in questo regno?
-
Certo!
-
E se io
parlassi comunque di voi a chi già c’è stato?
-
Non dirai
nulla stanne pur certo, perché se così non fosse, tu morirai all’istante in cui
ne parlerai, questo è il patto che abbiamo con tutti coloro che sono partiti e
mai più ritornati perché molti di loro non l’hanno rispettato e per giusta
ragione sono morti. Sei stato avvertito, a te la scelta: tacere o morire.
-
Non ho
intenzione di morire stai tranquillo, troverò il modo per giustificarmi con mia
moglie e con gli altri, dirò loro d’essermi smarrito e anche se rideranno di
me, non farà niente!
-
Vedo che sei
diventato saggio e questo mi rasserena, ora raccogli le tue cose, saluta tutti
e ricordati ciò che ti ho detto, ne va della tua vita. –
Così dicendo, il contadino rimise
quello che restava del suo formaggio nella bisaccia insieme al vino e il pane e
i suoi frutti.
Salutò tutti e guardando l’uomo
negli occhi gli disse che aveva appreso più in quel poco di tempo passato
insieme a loro, che in tutta la sua esistenza.
Aggiungendo che la vita a volte
faceva brutti scherzi e l’uomo, in quanto essere umano, pur essendo mortale si
comportava come se fosse immortale, mettendo a repentaglio la vita in ogni
momento per banali litigi o per futili motivi di natura pecuniaria, anche solo
per una moneta d’oro, oppure per qualsiasi altro ovvio motivo e senza tener
conto che la vita ha un valore inestimabile.
Mentre loro, che non avevano niente
eccedevano in saggezza, contentandosi del nulla, pur di vivere in pace e da
immortali. Pensò ancora una volta al paradosso che stava vivendo; gli uni erano
infelici avendo tutto, ma con una vita a termine e gli altri che pur non avendo
niente, erano felici con una vita eterna.
L’ideale sarebbe stato il contrario,
ma pensò che comunque fosse giusto così, perché i mortali pur sapendo di dover
morire si comportavano da immortali ed immaginò per un attimo se fosse stato
così, quale sarebbe stato il risultato! Un brivido gli percorse la schiena, per
cui si convinse che la cosa migliore da fare fosse stata quella di rientrare e
dimenticare la sua avventura.
L’uomo che fino a quel momento non
aveva mai mostrato null’altro che un’espressione unica e pari agli altri, sul
suo volto, alla riflessione del contadino, accennò un lieve e percettibile
compiacimento col suo sguardo.
Il contadino lo capì, salutò l’uomo e
formulò un’ultima domanda: -
- - Qual è il tuo nome? – L’uomo rispose:
- - Nel regno
del Nulla non esistono nomi siamo tuti uguali. –
Il contadino accennò col capo un segno di
ovvia comprensione e si apprestò a riprendere il viaggio di ritorno verso il
suo villaggio, con la sana intenzione di mantenere fede alla parola data
all’uomo senza nome e senza regno, ma detentore di una grande saggezza che gli
aveva fatto capire che il tesoro più importante non era fatto di cose
materiali, ma di convinzione nel saper essere felici pur non possedendo nulla. La
nullità di quel regno era pertanto ricca, di pace e di felicità.
Anche se il contadino pensava di vivere
la vita eterna trascorrendola sempre allo stesso modo, con un’esistenza,
secondo lui, priva di tutte attrattive, che per lui non era il massimo!
Ma una volta tornato alla sua realtà di sempre,
si rese conto che gli mancava la serenità che aveva provato e letto
negli occhi di quelle persone, che gli erano parse stupide, ma che alla fine,
ricredendosi, accostò il loro modo di fare, a quello dei bambini, che nella
loro ingenuità vivono i primi momenti, quelli più belli del loro percorso di
vita, senza problemi, spensierati e senza conoscere il significato della parola
morte.